Sul quotidiano Il Corriere della Sera del 12 febbraio 2016 ho letto un interessante articolo sulle Neuroscienze dal titolo Scrivere con carta e penna attiva più neuroni rispetto a usare la tastiera, e se volete leggerlo lo trovate qui.

L’articolo era corredato nella sua forma cartacea da altri interventi, con particolare riguardo al mondo della scuola e al fatto che molti ragazzini, nativi digitali e quindi più abituati a battere sui tasti del computer che non a manoscrivere… non sanno scrivere oppure hanno una scrittura illeggibile dai loro insegnanti, e da loro stessi. Passata è l’epoca dell’ora di bella calligrafia, ma la situazione si è talmente ribaltata da farsi drammatica. So che tra i miei lettori ci sono degli insegnanti che potranno commentare in modo molto più puntuale e con esempi anche concreti. Io posso solo dire che mio figlio ventenne ha una scrittura che meriterebbe un esame grafologico, perché mi ricorda quella dei serial killer. Lui conosce la mia opinione, e poco gliene cale.

Nell’articolo, i due punti per me particolarmente interessanti sono stati:

1. la scrittura a mano permette di leggere meglio ciò che si sta scrivendo, e inoltre contribuisce a rinforzare le aree di del cervello dove si riconosce la forma delle lettere. Ne deduco che non è solo una questione di individuazione, ma di un autentico spirito critico. È stato dimostrato da studi scientifici che negli adulti si attivano delle aree ben precise, corrispondenti a quelle che si “accendono” nei bambini che imparano a scrivere.

2. attenzione e concentrazione aumentano rispetto a quello che si sta facendo. Molto più faticoso è scrivere a mano una pagina, che non pestare selvaggiamente sulla tastiera come se ne andasse della vita. Quest’ultimo pensiero naturalmente è mio e non dell’articolo :-)…

Premetto che non sono una nostalgica cariatide, e sono consapevole che ormai non possiamo più fare a meno di una certa dose quotidiana di tecnologia (lo dimostra il fatto che sto scrivendo questo articolo su un computer, e che voi lo state leggendo a video). Non voglio certamente ritornare a usare la penna d’oca come nel Medioevo, magari a lume di candela, o inviare i piccioni viaggiatori con il rotolino legato alla zampetta, anche se sono molto meno fastidiosi di certi umani che sbraitano sui mezzi pubblici per farsi sentire dall’altro capo del vagone.

Però sto notando un aumento generale nella disaffezione per la tecnologia, forse motivato dal fatto che, per motivi professionali, spesso siamo costretti a sedere per lunghe ore della giornata a fissare uno schermo luminoso, a mandare mail, a cliccare freneticamente o a digitare sullo smartphone. Ci stiamo trasformando in una somma di byte, e nemmeno ce ne accorgiamo.

Quindi un’idea folle mi ha folgorato:

e se scrivessi a mano la prima stesura
del mio nuovo romanzo?

Confesso che non scrivo a mano da molto tempo, tranne negli sporadici appunti presi durante le riunioni di lavoro, o al telefono, nella correzione delle bozze su carta o nella scrittura di qualche cartolina (sì, scrivo ancora le cartoline, e molte persone le apprezzano). E quindi l’idea mi ha generato una certa sorpresa. In contemporanea, l’area dei miei neuroni preposta alla scrittura a mano, dormiente da parecchio tempo, si è risvegliata di botto e ha urlato in coro: “Era ora, gente! Finalmente ci si rimette in attività!”

La domanda fondamentale e un po’ angosciante è stata: ma quanto tempo ci metterò? Lavoro dall’alba al tramonto, la sera sono stanca e di conseguenza ho poco tempo a disposizione. L’unico tempo libero è nel fine settimana.

A questo punto però mi sono risposta: tutto il tempo che occorre. Non ho un editore che mi stressa o un contratto già firmato e in questo caso è un bene. Anzi, una vera fortuna. Il romanzo (dal titolo provvisorio Io, Lucile) è sulla Rivoluzione Francese e, in quanto a ricerche sull’argomento, e saggi a disposizione, sono messa ottimamente visto che fin da bambina me la studio e me la sviscero in lungo e in largo, e potrei rispondere a un quiz a premi. La struttura con le scene è tutta pianificata e ho le idee chiare. Dovrebbe esserci anche una parte moderna, ma per la parte del 1789 e dintorni c’è tutto quello che mi serve per cominciare a scrivere… a mano.

E ho già incominciato.

Vorrei condividere con voi le mie prime sensazioni.

  • La prima è stata, com’è ovvio, di un grandissimo rallentamento rispetto ai miei normali ritmi di battitura. Ma, paradossalmente, l’ho trovato piacevole. La scrittura sulla tastiera mi rende nevrotica, quella a mano mi rilassa. Scrivo, mi fermo su un verbo o su una parola, scelgo, correggo. Si tratta di una scrittura più meditativa senza ombra di dubbio. Proprio come quando si incontra per la strada una persona tranquilla, che ti trasmette la sua calma e con cui ti fermi volentieri a scambiare due chiacchiere. 
  • Il secondo benefico effetto è che, dovendo fare una certa fatica, scrivo con parsimonia e una certa minuzia senza sbrodolare migliaia di parole; e quindi opero una prima revisione. Si potrebbe dire che la scrittura a mano è come ricamare, cosa che peraltro non so fare. Siccome sto scrivendo un romanzo dove imperano trine, jabot e merletti, direi che capita proprio a proposito! 
  • Un altro grandioso risultato è che, alla fine della sessione di scrittura, sono meno stanca mentalmente, e i miei occhi sono più riposati. Questo perché non continuo a fissare uno schermo o ad aguzzare la vista per seguire le lettere che vanno a formarsi man mano che digito. E, nel mio caso, in cui ho avuto grandi abbassamenti di vista, direi che è molto importante.  

    La ricamatrice di Franz Xaver Simm

  • Il quarto risultato è il recupero di una dimensione manuale, quasi artigianale, che la scrittura a computer perde del tutto. Scrivere a computer rende l’attività cerebrale. Anche qui, facendo un paragone, è come dipingere con pennello e colori a olio oppure a computer: sono approcci ugualmente validi, ma del tutto diversi. Un illustratore mi rivelava che, quando non disegnava per lavoro usando il computer per certe parti, dipingeva con le tecniche tradizionali per il piacere di farlo. 
  • Bisognerebbe aggiungere l’economicità dei materiali: c’è solo bisogno di un quaderno, di una  penna e di un luogo possibilmente tranquillo, almeno per me. Virginia Woolf scriveva in mezzo al caos dei nipoti che giocavano nella stanza, ma io non sono ai suoi livelli in nessun senso.

Mi sembra di essere ritornata in contatto con una parte molto profonda di me stessa.

La tecnologia interviene comunque in fase di ricopiatura, dove effettuo altre correzioni e comincio addirittura a fare importanti spostamenti di paragrafo. Su quello non rinuncerei al mio computer nemmeno per una lettera autografa di Georges-Jacques Danton.

Per concludere, sono molto soddisfatta del mio esperimento e penso che continuerò in questo modo. E quindi vi do appuntamento tra vent’anni, epoca in cui forse avrò finito il mio romanzo!


Au revoir, les citoyens! Vive la France! Vive la Révolution!

***

E voi scrivete ancora a mano e in quali occasioni? 
Avete mai provato a scrivere un romanzo a mano, perlomeno nella prima stesura, o avete mai pensato di farlo?