Non è un mistero per nessuno di quanto ami la Storia e di
quanto ne parli, a rischio di sfinire ascoltatori e lettori. Vi parlerò dunque della mia passione in questo post, che però non so bene in quale filone collocare e a cui assegnerò il percorso ibrido di ‘La pietra nello stagno’. L’antefatto è stata la lettura di un romanzo di Carlo Tenca, La Ca’ di Can del secolo XIV. Cavata
da un manoscritto di un canattiere di Barnabo Visconti
 c
he mi interessava nell’ambito di alcune ricerche sulla figura, per l’appunto, di Bernabò Visconti. La cosiddetta
Casa dei Cani non è altro che il palazzo dove il signore di Milano e dei
territori orientali viveva e teneva i
suoi numerosi cani da caccia, attività di cui era particolarmente appassionato – pare fossero cinquemila, sì, avete letto bene, ne aveva cinquemila e non cinquecento. Corrisponde alla sede dell’attuale Hotel dei Cavalieri in piazza Missori, dove si ergono anche i resti della chiesa di San Giovanni in Conca, detta “dente cariato” dai milanesi.

Carlo Tenca

Il romanzo è
ambientato nella Milano del 1374 e ricorda alla lontana I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni, che infatti era
contemporaneo di Tenca; non ho approfondito chi dei due abbia preso spunto dall’altro. Vi si narrano le vicende di una coppia, in
questo caso già sposata, Stefano e Cecilia, e del loro figlioletto Marco di
cinque anni. Stefano è un armaiolo di grande perizia, non a caso Milano
all’epoca era all’avanguardia nella produzione di armi, di armature e di tutti
gli strumenti da taglio che si usavano, e possiede una bottega con due
garzoni. Tanto per cambiare, però, sono tempi grami, e a Milano ha appena
finito di infuriare la peste, che ha decimato la popolazione. Per cercare di sbarcare
il lunario, Stefano ha deciso di prendersi in casa uno dei cani da
caccia di Bernabò, che, non potendo mantenerli tutti, li affida ai suoi sudditi dietro pagamento di
un salario. I cani vengono sottoposti alle regolari ispezioni del cosiddetto
gruppo di “canattieri” che ne devono constatare la buona forma fisica. Infatti non devono essere troppo grassi per essere in grado di correre velocemente dietro alla selvaggina. E non devono essere nemmeno troppo magri… e questa seconda
eventualità si verificava spesso, dato lo stato dei poveri affidatari che non
avevano di che sfamare loro stessi e la famiglia, figuriamoci dei cani. In entrambi i casi multe e
pene erano severissime.

Questi ispettori di cani ricordano alla lontana i bravi
di don Rodrigo, e ognuno di loro ha un soprannome – Graffiapelle, Sciancato…  – mentre il Visconti sembra una specie di
Innominato, con la differenza che, nel romanzo e nella realtà, non si converte
mai e continua a combinarne di tutti i colori. Uno di questi canattieri ha
messo gli occhi sulla moglie di Stefano, una donna bella e timorata di Dio che
ha sempre respinto le sue avances, e che come avete già capito sembra la sorella
gemella di Lucia. Dopo aver saputo che il canattiere, soprannominato
Scannapecore, gli ha di nuovo insidiato la moglie, in un momento d’ira Stefano
assesta un calcio al cane che gli gironzola attorno e lo manda a sbattere
contro la parete. Il cane è tramortito e sembra sul punto di spirare da un
momento all’altro, fra il terrore di tutti. Resosi conto della cappellata, e
consapevole che mancano solo tre giorni all’ispezione, Stefano decide
di avvalersi dell’aiuto di Marta, una vecchia guaritrice in odore di
stregoneria che promette di guarire il cane come fa con i cristiani. E qui incominciano
varie avventure, e si fa la conoscenza con altri personaggi, come padre
Teodoro, che sembra il fratello di latte di fra’ Cristoforo di manzoniana
memoria.

La storia va a finire bene, e il tono del romanzo ha un che di
fiabesco e sorridente per cui, anche in presenza di scene drammatiche, il
lettore non  riesce davvero a
preoccuparsi. La differenza sostanziale con I Promessi Sposi è l’assenza della Provvidenza o comunque di una forza trascendente che si prende cura degli umili e dei perseguitati; questi ultimi cercano di cavarsela con le loro forze e quindi come possono. Nel romanzo sono menzionati moltissimi luoghi milanesi, come la contrada degli Spadari dove vive Stefano con la famiglia, il Carrobbio, o anche la zona di piazza Vetra che, allora come ora, è posto poco raccomandabile soprattutto in determinate ore della
notte. Leggere questo romanzo è stato come rivedere una Milano del milletrecento con gli occhi di un
autore del milleottocento, così come accadeva nel romanzo di Manzoni che aveva ambientato
la sua storia in un secolo per sottolineare le storture e le ingiustizie del
proprio.

Parlando del romanzo con un’amica che, come me, condivide la mia
passione-malattia, abbiamo ricordato il fascino della macchina del tempo: il sogno proibito di ogni scrittori di romanzi storici, cioè quell’invenzione ancora da venire che
permetterebbe di ficcare il naso in epoche storiche interessanti, e che per il
momento ha scatenato solamente la fantasia di romanzieri (La macchina del tempo di H.G. Wells) e registi (Timeline – Ai confini
del tempo
di Richard Donner, tratto dall’omonimo romanzo di Michael
Crichton
). Mi
sono quindi prenotata per alcuni luoghi del passato – del futuro ho un po’
paura – e in modo particolare ecco quello che vorrei visitare per primo:

1789-1794, la Parigi rivoluzionaria

All’epoca Parigi era una fogna a cielo aperto, e ben diversa
dalla luminosa e vivace città di oggi. Per averne conferma, basta leggere Le Tableau de Paris, opera dello scrittore e giornalista Louis-Sébastien Mercier che pubblicò il suo lavoro di vera e propria inchiesta pochi anni prima lo scoppio della Rivoluzione. Nel suo libro descrive le condizioni di
vita, le professioni, le classi sociali, la m
ancanza di igiene, le malattie, alcuni luoghi particolarmente orrendi, come il manicomio-prigione di Bicêtre e l’estrema prolificità e indigenza della popolazione. Quindi, se riuscissi a sopravvivere all’impatto una volta scesa dalla macchina, e  irrobustire di colpo gli anticorpi, mi piacerebbe gironzolare per la città
e:      

Entrare in un Club al femminile. Proprio in questo periodo, infatti, nacquero associazioni e circoli politici di donne ad opera di attiviste. Il problema è che gli ometti dell’epoca avevano stilato la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino, ma non sembravano molto sensibili alle rivendicazioni delle loro mogli, sorelle, figlie e continuavano ad emarginarle dalla vita politica e sociale. Come a dire, che dovevano continuare a fare la calza, attività che peraltro alcune di loro svolgevano egregiamente ai piedi della ghigliottina (c’erano le cosiddette tricoteuses, donne inquietanti che lavoravano ai ferri e somigliavano tanto alle Parche, e contavano le teste che cadevano sotto la mannaia). Ghigliottina a parte, in questi Club c’erano donne davvero ammirevoli, come Olympe de Gouges, che difatti pagò con la vita.


Fare un viaggio in diligenza, come andare da Parigi ad Arras e ritorno. Anche oggi ci sono dei viaggi in diligenza – ad esempio tragitti che passano attraverso i valichi austriaci e svizzeri – ma sono costosissimi e tre giorni in diligenza costano come un mese di vacanza alle Maldive. Poi vuoi mettere l’ebbrezza di un viaggio autentico nella Parigi del 1789 e dintorni, e con un veicolo vero? Un viaggio di quelli con i sedili di legno che ti massacrano la schiena, con le buche in mezzo alla strada che ti scaraventano addosso ai compagni di viaggio, lunghe soste alle stazioni di posta per il cambio dei cavalli, rischio di rottura dell’assale della ruota e, di nuovo conseguente cambio, stavolta di ruota, probabili assalti di banditi pistole alla mano e via discorrendo. Anche qui, se riuscissi a sopravvivere, ne avrei da raccontare al mio osteopata!

Viaggiatori assaliti dai briganti di Bartolomeo Pinelli (1817).
Non ho trovato nessuna diligenza francese del periodo,
ma anche questa stampa italiana rende bene l’idea.

Pranzare a casa dei coniugi Desmoulins. Ho una specie di fissazione per la tragica storia della famiglia Desmoulins, e mi sono già autoinvitata da loro per saperne di più. Potrei finalmente fare osservare il loro servizio da tavola, mangiare le pietanze cucinate dalla loro insuperabile domestica e cuoca Jeannette, esaminare il mobilio, che pare fosse di grande gusto, vestire seguendo la moda e incontrare amici e conoscenti alle loro serate politiche, Robespierre incluso. Il tutto mentre Camille fuma le sue sigarette arrotolate, Lucile serve i cognac sul vassoio e Danton tenta di sedurre tutte le donne che gli capitano a tiro. 


La famiglia Desmoulins in una scena domestica, cartolina postale

Ci sono altri periodi storici che mi piacerebbe visitare, com’è ovvio il Medioevo e in particolar modo il periodo della Prima Crociata o anche quello della caduta dei Templari, o anche l’Inghilterra di Enrico II Plantageneto e Thomas Becket. Sono attirata anche dal 1800 romantico, con una leggera propensione per la Germania e l’Inghilterra e i castelli con le loro atmosfere gotiche, i paesaggi con i cosiddetti orridi. Strano a dirsi, mi interessa molto anche la II Guerra Mondiale – forse perché mio padre era carrista in Africa – e mi interessano le operazioni strategiche e belliche che portarono gli alleati allo sbarco in Normandia. Non ho un particolare afflato, invece, per la storia dei Greci e dei Romani, e per l’epoca della Riforma e della Controriforma.

ËËË

E voi, se poteste viaggiare nel tempo, dove vi piacerebbe andare e, soprattutto, che cosa vi piacerebbe fare? Ci sono epoche storiche in cui non vorreste andare nemmeno morti?