La copertina del saggio,
edito da Castelvecchi
La seconda edizione del divertentissimo e mai banale saggio
di Matteo Sanfilippo,


Il Medioevo secondo
Walt Disney

costituisce una vera e propria chicca per gli appassionati. Il
libro è da tempo introvabile, e io stessa ho benedetto i siti di compravendita
del buon usato, che mi hanno permesso di acquistarlo. Nell’opera l’autore
racconta dell’impatto che l’Età di Mezzo europea ha esercitato sul Nuovo Mondo
sin dai suoi albori, sia al positivo sia al negativo. Del resto anche l’America
ha sempre influito moltissimo sulla cultura della vecchia Europa, specialmente
da quando è diventata la fabbrica delle immagini più popolare di tutti i tempi:
il cinema. Particolarmente interessante per noi, dunque, è leggere questo
saggio per capire “come mai” il Medioevo esercita un fascino così
durevole sull’immaginario collettivo attribuendogli tutto e il contrario di
tutto. L’autore suddivide il suo libro in due grandi sezioni con svariati
capitoli. La prima sezione si concentra sul Medioevo e sulla cultura americana:


I. Un’età brutale e
corrotta?
La rottura culturale con l’Europa, e con quella specie di
sudditanza che legava gli americani ai modelli del vecchio continente, inizia
con lo scrittore Mark Twain e con il giudizio negativo che egli dà del
Medioevo. Per Twain la negatività risiede non tanto nell’arretratezza economica
e sociale, quanto in un fatto mentale e morale. Secondo lo scrittore il
Medioevo è sinonimo di mancanza di onore ed è caratterizzato dalla tendenza a
rubare le proprietà altrui, sia come persone sia come beni materiali. La sua
presa di posizione è particolarmente dura quando, nel 1889, pubblica il suo
romanzo Un americano del Connecticut alla
corte di re Artù
dove un piccolo fabbricante di armi nel Connecticut,
Morgan, viene coinvolto in una rissa e si risveglia nell’Inghilterra del secolo
VI. La sua padronanza tecnologica gli conferisce l’aura del mago. Non solo, egli
incontra re Artù e tenta di modernizzare l’Inghilterra, ma inutilmente. Tra
scontri e battaglie, viene infine sconfitto e Merlino lo rimanda magicamente
nel secolo cui appartiene. Il romanzo gioca sul contrasto tra due mentalità e
sancisce la sconfitta dell’americano moderno, per il semplice motivo che la sua
partita è persa in partenza: la superstizione e la sudditanza sono insiti negli
uomini dell’epoca, e non c’è innovazione tecnologica o rinnovamento etico che
tengano. Il romanzo di Twain ebbe una tale fortuna che godette di varie
trasposizioni cinematografiche, più o meno censurate per renderle fruibili a un
pubblico infantile, e di una produzione copiosa nel mondo dei fumetti di cui
trovate un esempio qui sotto.

Mark Twain non è l’unico scrittore a interessarsi al
periodo, sia pure al negativo. Un precedente illustre è Edgar Allan Poe con
alcuni racconti come Re peste (1835)
e La maschera della morte rossa (1842)
che sono inseriti in scenari medievaleggianti. Inoltre, numerosi architetti americani
avevano importato dal Regno Unito il gusto per l’arredamento e gli edifici
gotici. Il fenomeno del “nativismo”, verso la metà del secolo XIX, con l’arrivo
massiccio di emigrati europei focalizza l’odio degli americani bianchi,
anglosassoni e protestanti contro i cattolici e la Chiesa di Roma. Si può ben
dire che la condanna del feudalesimo e della sopraffazione del lavoratore
onesto da parte di nobili sfaccendati affondi le sue radici nel periodo prerivoluzionario
americano, ma trovi ancora vasto spazio nel secolo XIX. Le tesi di Twain
discendono quindi direttamente dalla Rivoluzione Americana e subiscono il
trauma della Guerra Civile e dei processi di trasformazione industriale.

II. Il Medioevo della
libertà.
Il processo che ammorbidisce la condanna del Medioevo è accelerato
dalla tendenza a vedere in esso la matrice del mondo moderno. In quest’ottica
l’epoca della tirannia non è più quella dei signori medievali, ma quella
dell’impero di Roma. Questa tesi viene elaborata dallo storico George Bancroft
nella sua monumentale History of the
United States
, dove egli, influenzato dalla sua formazione in Germania, sostiene
che i barbari teutonici, forti solo del proprio coraggio e del proprio valore, affermano
il valore della libertà e dell’uguaglianza contro la tirannia dei Romani. In
questa rivalutazione del Medioevo il fascino della fede torna in auge, mentre i
valori protestanti perdono terreno perché molti pensano che abbiano concorso a
formare l’America volgare del capitalismo di fine secolo. Si afferma dunque una
scuola americana di studiosi di Dante e si diffonde anche il gusto per il ciclo
di romanzi arturiani e di quelli di Walter Scott come Ivanhoe (1820). Al termine del secolo l’ideale cavalleresco sembra
di nuovo accettato, anche se come simbolo o metafora, e la denominazione di cavaliere
viene usata da organismi di opposto segno politico. Stessa sorta incontra il
termine crociata, usato a proposito o a sproposito (persino ai giorni nostri,
del resto).

Si può dire quindi, insieme con l’autore, che il medievalismo americano
si basa su tre elementi: il rifiuto dell’ideologia materialistica basata sul
denaro; l’organizzazione di associazioni sindacali e di soccorso che si
richiamano ai miti cavallereschi e alle corporazioni medievali;
l’idealizzazione di un passato in cui i costumi erano sani e naturali. Tutto
questo processo, semplice all’apparenza, ma in realtà molto ramificato e
complesso, porta alla cosiddetta “tesi della frontiera” dove l’epopea del
lirico West viene paragonata al Medioevo duro e puro, il che ritornerà in molti
film e romanzi storici.

Mad Max oltre la sfera del tuono (1985)
con Mel Gibson e Tina Turner – Poster USA
III. Medioevi di
massa.
Tutto è ormai pronto per l’ingresso del Medioevo nella cultura di
massa. Nel 1934 debutta il fumetto Flash
Gordon
di Alex Raymond che, pur con la sua connotazione fantascientifica,
si ispira fortemente alle immagini medievali. Nel 1954 l’inglese Tolkien
pubblica Il Signore degli Anelli, una
storia diventata celeberrima e imperniata sull’invenzione di una lingua e di un
mondo costruiti sul Medioevo inglese, e di cui s’impadronisce subito il mercato
statunitense dando l’avvio al fortunato filone fantasy. Di Tolkien vi sono
innumerevoli imitatori, che, però, rivestono di caratteri medievali una realtà
successiva alla nostra, creando il Medioevo di tipo post-nucleare cui appartengono
libri e film come Mad Max oltre la sfera
del tuono
(1985) di George Miller. La stessa saga fantascientifica di Guerre stellari ha uno scenario
medievaleggiante, con spade, armature, combattimenti, flussi magici a sostegno
dei cavalieri jedi, principesse da salvare e lotta tra bene e male. Il saggio
di Sanfilippo contiene innumerevoli esempi di questi due percorsi che il
Medioevo intraprende, contaminandosi con altri generi e trasformandosi con sempre
maggior forza nell’immaginario collettivo.
Dungeons & Dragons, il più famoso gioco di ruolo
medievaleggiante
Il massimo esempio di storicità artificiale e di complicato
simbolismo, però, appartiene a un gioco di Dungeons & Dragons, con scatole di gioco e regole sempre più
complesse, livelli crescenti di difficoltà e domini allargati nei quali il
gioco può essere ambientato. Il successo di D&D è strepitoso e invade nuovi
settori di vendita, con varianti video e versioni a fumetti delle storie-base,
calendari con i personaggi principali, riviste e periodici. Sul mercato
compaiono anche i soldatini da collezione, spesso utilizzati anche in giochi
normali o come pedine dei giochi di ruolo e, attorno alla metà degli anni ’90,
i trading card games, ovvero la nuova versione delle vecchie figurine dei
calciatori. Il gioco di maggior successo e di carattere medievaleggiante si
chiama Magic, ed è un fantasy con
oggetti magici, unicorni, cinghiali, scheletri deambulanti e paesaggi in
rovina. Nella conclusione del capitolo, l’autore ci invita a osservare come
l’interesse del Medioevo si è ormai diffuso nella cultura di massa, e molte volte
ci si sforza a un minimo di verosimiglianza. Tuttavia l’elemento preponderante
è senza dubbio quello magico.

ruolo:


In Fantasia (1940), Topolino apprendista stregone
attiva magicamente una scopa, ma combina dei gran pasticci…
IV. Il Medioevo
secondo Walt Disney.
Inutile spendere molte parole sulla corporation
americana che, più di ogni altra, ha contribuito a costruire l’immagine del
Medioevo saldamente ancorata nel nostro immaginario di bambini ormai cresciuti,
e anche in quello delle giovani generazioni. Basti pensare al castello
medievale tipico dei suoi cartoni animati o film, che all’interno può essere
brutto e sporco, ma che all’esterno assomiglia molto di più a un ornato
castello rinascimentale francese che a un vero maniero. Il mondo disneyano
costituisce il culmine della riscoperta di quest’epoca, e irradia un’influenza enorme sulla cultura europea. L’inizio avviene con il cortometraggio Topolino e la pianta di fagioli (1933), dove popolarissimo topo si
arrampica su un fagiolo magico cresciuto a dismisura fino a bucare le nuvole, e
sulla cui cima c’è il castello del gigante. Seguono nel 1937 Biancaneve e i sette nani, con
l’ambientazione medievale suggerita dal castello di Grimilde, Fantasia nel 1940 con l’episodio di
Topolino apprendista stregone e, dopo la guerra, due classici: il raffinato La Bella addormentata nel bosco (1959) e
La spada nella roccia (1963),
rivisitazione buffa con un Artù bambino e molto imbranato. In seguito alla
morte di Walt Disney, nel 1966, la fortuna del Medioevo nei cartoni animati, e
i cartoni animati stessi, subiscono una flessione, interrotta solamente da Robin Hood (1973) in versione zoomorfa.
Nel 1979 il sistema del rotoscope, cioè delle sequenze con attori veri cui si
sovrappongono disegni animati, dà un nuovo impulso all’azienda, che comincia ad
effettuare sperimentazioni e a sfornare di nuovo una serie di film di grande
successo.

Il castello “medievale”
ne La Bella addormentata nel bosco (1959) 
Elementi costitutivi dell’immaginario disneyano, e quindi
saldamente ancorati anche nel nostro, sono sempre il castello e il drago: un
castello, come si diceva poco prima, che può essere tenebroso e luogo di
esperimenti stregoneschi, ma che all’esterno ha sempre un aspetto chiaro e
luminoso e forme decorative di forma aggraziata e gentile; il drago fantastico,
invece, diventa intercambiabile con il dinosauro estinto fino a che i due
esseri si sovrappongono. Altra cifra di riconoscibilità nella produzione
disneyana è la ripetizione, con lievi variazioni, degli espedienti narrativi,
esattamente come nella narrazione di storie per i bambini. Il Medioevo disneyano
diventa così il luogo fiabesco per eccellenza, dove alla fine giustizia è
fatta, non tanto per un intervento divino – elemento del tutto assente – quanto
perché nello scontro tra la magia buona e quella cattiva l’ordine deve essere
sempre ripristinato. Una concezione che rispecchia la mentalità fortemente
conservatrice dello stesso papà di Topolino & Company. Persino nel feudale
Medioevo, quindi, le cose devono essere riportate sulla retta via, e i cattivi,
siano essi streghe, maghi, regine, matrigne, saranno sempre puniti o
incontreranno il loro orrendo fato.
La seconda parte del saggio ha come titolo I grandi eroi del Medioevo all’americana, e in questa sezione l’autore esegue
una variopinta carrellata dei protagonisti ispirati al Medioevo in cui tutti
noi ci siamo prima o poi imbattuti:

Il Conan del fumetto…
I. Per primo venne
Conan il Barbaro…
ovvero Conan il Cimmero cui viene dedicato un intero
capitolo. Questo personaggio fu originato dal primo di una serie di racconti, apparso nel 1932 sulla rivista “Weird Tales” per la firma di Robert E.
Howard. Il personaggio nacque con una modalità più complessa di quella che, poi, diede vita
a quel Conan tutto muscoli interpretato da Arnold Schwarzenegger nel film del
1982, guarda caso anni di esaltazione del body-building e della forma fisica. Donne,
vino e battaglie, comunque, la fanno da padrone nelle avventure di Conan del
ciclo hyboriano, dove si avverte fortemente l’anelito alla libertà,
l’ammirazione per la forza, il senso della missione storica di un popolo che
sono tutti elementi connotanti della mentalità americana.
… e quello del film con Schwarzenegger (1982),
qui in un’intensa espressione.
II. E poi arrivarono
i vichinghi.
Seguono i vichinghi, che ebbero un successo strepitoso e un
interesse perdurante grazie alla teoria in cui l’America sembrerebbe essere
stata scoperta non da Colombo, ma da antenati norreni, cosa particolarmente
gradita per dare radici antiche a una terra dalla Storia giovane e recente; per
avvalorare la teoria dello sbarco vichingo e di insediamenti stabili vengono
scritti saggi di autorevoli storici e presentate prove come la mappa di Vinland,
rivelatasi poi un clamoroso falso. I fan però non si fanno scoraggiare e quindi
nascono film, fumetti e giochi di ruolo aventi come protagonisti i maggiori
navigatori vichinghi ed esseri mitologici come Thor, il dio dal magico
martello, che spesso si mescola con la popolazione, si batte con l’aiuto del
suo arnese divino e fa a braccio di ferro con muscolosi camionisti.

III. E infine il
cavaliere cercò di mettere pace.
Anche l’ethos cavalleresco con l’adesione
a codici d’onore molto rigidi, già in auge con i romanzi di Walter Scott, ha
una vera e propria impennata nella popolarità. L’invenzione cinematografica del
cinemascope e del technicolor permette di esaltare a dismisura le scene di
massa, come nei film di Cecil De Mille, e quindi il galoppo della cavalleria e
l’assedio a un castello assumono un realismo mai visto prima. Il film The Dark Knight (1986), pur avendo
Batman come protagonista, e quindi un essere fantastico, si ispira
esplicitamente al mondo della cavalleria a partire dal titolo; e
particolarmente fortunato è il filone che ha come protagonista il personaggio
semileggendario di Robin Hood nelle sue varie sfaccettature. I cavalieri di re
Artù si alternano ai crociati che, di volta in volta, danno loro il cambio e
con cui vengono a volte confusi.
La locandina del film (1991)
con Kevin Costner

Ormai la popolarità del Medioevo è esplosa, e
ben lontani sono i tempi dello sguardo critico di Mark Twain con cui l’autore è
partito nella sua disamina.


IV. Intanto le
guerriere, le streghe e le sante…
, cioè le protagoniste femminili, non
hanno vita facile nemmeno nel Medioevo all’americana. Esse si dividono nelle
due categorie delle donne-vittime, concupite dalla libido maschile a qualsiasi
categoria sociale esse appartengano, e delle donne-streghe in contatto con la
natura e che vivono in comunità femminili autosufficienti. Solo a fatica si
sviluppa il filone delle donne-guerriere, ma, quando finalmente esse hanno un
loro status pienamente riconosciuto, si dimostrano temibili e combattive
esattamente come Conan il Barbaro, e nello stesso tempo, a differenza dei
colleghi maschi, in grado di essere solidali e soccorrevoli nei confronti di
altre donne. I romanzi storici rosa prevedono sesso più esplicito e una maggior
indipendenza sociale rispetto ad altre eroine. Fatto curioso, molto amata e
ammirata dagli americani è l’eroina francese Jeanne d’Arc, ancora una volta contraltare
dei malvagi feudatari anglosassoni che la condannano con l’accusa di
stregoneria.

ËËË

Nelle conclusioni, Matteo Sanfilippo considera il Medioevo
all’americana come una sorta di specchio attraverso cui un’intera nazione
riflette sul proprio passato e sul presente, per quanto deformante sia tale
superficie. Le radici storiche, alla fin fine, sono da rintracciarsi nella cultura
britannica, ed è così che l’immagine della copertina – le orecchie di Topolino
che spuntano dalla sommità merlata di un castello – chiudono con un sorriso
questo gustoso saggio che ci riporta con i ricordi al primissimo periodo della
nostra vita, e allo sguardo fresco e ingenuo con cui vivevamo le cose.

Scommetto che questo articolo vi ha fatto ritornare alla memoria molti ricordi. Com’è stato il vostro primo incontro con il Medioevo dei fumetti e quello cinematografico?