che stava diventando caotico per l’affollamento di materiale nella colonna di
sinistra e, con l’aiuto di un esperto, ma sudando freddo quando dovevo intervenire
in autonomia, ho aperto delle etichette in alto sotto il banner con l’arazzo di Bayeux. Nel
radunare i post sotto le etichette, mi sono accorta di aver come abbandonato il
filone La pietra nello stagno che avrebbe voluto contenere una serie di post
provocatori sugli argomenti più svariati. Non che non avessi avuto niente da
ridire in questi mesi, al contrario avrei dovuto scrivere almeno un post ironico al
giorno, specie di politica.
Ultimamente stavo riflettendo sul mio percorso di scrittrice
(anche se preferirei il termine “narratrice”, trovo che “scrittore” sia diventato pomposo,
oggi tutti scrivono e nessuno legge, come si diceva più volte), e, come un fulmine, mi ha colpito la domanda: “Ma non è che mi prendo troppo sul serio?” E ho quindi pensato di
riproporvela come provocazione nell’ambito di un post volto a proseguire il filone. Per far questo, però, devo
contravvenire a una mia regola, che è quella di non inserire nel blog troppa
autobiografia in quanto non a tutti potrebbero interessare le mie tribolazioni
esistenziali, specie a chi non mi conosce in carne ed ossa. Sono una persona
comune senza genio e senza sregolatezze. Quindi dotatevi di una cuccuma di
caffè, perché dovrò raccontarvi qualcosa di me e a come sono giunta a questa
riflessione, e alla risposta che mi sono data (borbottio del caffè sul fuoco…).
Sono nata nel 1963 a Milano in pieno baby boom, come unica figlia molto desiderata e arrivata piuttosto
tardi. Fin da piccola ho sempre amato molto leggere,
essendo timida e con poche amiche. Facevo fatica a socializzare, mi sentivo
sempre un pesce fuor d’acqua, specie in ambienti con bambini chiassosi e
spavaldi. Inoltre pativo dell’iperprotettività dei miei genitori, che per me avevano
mille riguardi. Vivendo in città, mi proibivano di giocare in strada, perché
non vivevamo in una casa di corte con uno spazio protetto, ma
un classico condominio. Non è un caso che, nell’elenco dei 100 libri che hanno segnato la mia vita, e che è all’incirca in ordine cronologico, i cicli dei
romanzi d’avventura di Salgari abbiano rivestito un’importanza capitale. I
pirati e i corsari di Salgari non solo mi permettevano di allargare i miei
orizzonti e vivere esperienze mozzafiato, ma mi consentivano di stringere le prime,
solide amicizie con bambine che avevano le mie stesse difficoltà. Fantasticavo
molto anche sulla Storia, che per me era
come leggere i capitoli di un romanzo entusiasmante, e su alcuni personaggi specifici. Da
lì a provare a scrivere qualcosa il passo era stato breve, e, dopo un
buffissimo racconto western, avevo
cominciato a scrivere dei racconti a sfondo storico.
Già all’età di 2 anni stavo cercando di contattare un editore… |
Dopo aver frequentato scuole medie infelicissime che avevano acuito il mio complesso da Brutto Anatroccolo, e aver frequentato
il liceo linguistico commerciale, ero andata subito a lavorare. Volevo essere
indipendente, e soprattutto viaggiare senza chiedere soldi ai miei, che non mi
hanno mai negato nulla ma che non navigavano certamente nell’oro. Non sono
quindi laureata e non ho frequentato nessuna università, anche se credo che, il
giorno in cui andrò in pensione (quando? non si sa), mi iscriverò a Storia con indirizzo medievale, oppure Psicologia – oscillo tra queste due facoltà ogni volta che
accarezzo l’idea. Ad ogni modo avevo cominciato a lavorare come dattilografa e segretaria
e, passando di azienda in azienda, sono finalmente riuscita a entrare in una
casa editrice universitaria di lingua francese.
Siete ancora svegli? Bravi!
Lavoravo e scrivevo anche se
con il contagocce. A un certo punto avevo inviato a un concorso un romanzo storico
breve, ambientato nella Firenze medicea di fine 1400, dal titolo Una Storia Fiorentina, dopo averlo
limato fino all’inverosimile. Se volete leggerlo, potete cliccare sulla
copertina del romanzo, qui a sinistra, e scaricarlo nelle versioni pdf ed epub,
dato che è fuori catalogo ormai da anni e quindi ho deciso di offrirlo in modo gratuito.
Il romanzo vinse il primo premio e fu pubblicato dalla casa editrice che aveva
indetto il concorso. Ora, capite bene che se capita una cosa del genere a
venticinque anni, da lì a ritenersi proiettati nell’Olimpo letterario poco ci
manca. Dopo qualche anno il secondo romanzo La
stanza sepolta fu pubblicato dalla medesima casa editrice. Poi fu la volta
della vincita a un concorso per un atto teatrale unico a carattere storico dal
titolo Il Canarino, che potete
scaricare sempre cliccando sulla copertina relativa. Oltretutto la vincita per
questo lavoro era arrivata in un periodo
molto difficile della mia vita: avevo appena perso mio padre per una malattia dal
decorso fulmineo, ed ero la mamma di un bambino di sei mesi. Il Canarino mi è quindi particolarmente
caro per moltissimi motivi. Per me ricevere il premio a La Spezia era stato un
balsamo sulle mie ferite, e un incoraggiamento.
Una polaroid con il papà, sulla piazza principale di Tesero, val di Fiemme in Trentino. Mi ha sempre incoraggiato nelle mie imprese. |
Nel frattempo il mio lavoro era diventato più soddisfacente,
ma per molti versi più impegnativo. Grazie a un direttore editoriale
molto in gamba, ero passata dalla segreteria editoriale alla
redazione nel campo delle lingue straniere, e alla ricerca iconografica. Il
lavoro mi piaceva, ma la scrittura ne risentiva, nel senso che non scrivevo
quasi più nulla. Ero troppo stanca e nevrotica! Così ho avuto un periodo di
fermo di quasi dieci anni, durante il quale scribacchiavo il romanzo storico Il Pittore degli Angeli. Ero lacerata dai
sensi di colpa, divisa com’era tra la famiglia, con un figlio che mi dava
parecchi motivi di preoccupazione, e il lavoro stressante. Poi, dopo molti
rovelli, nel 2004 diedi le dimissioni per poter lavorare in proprio. Grazie al
cielo svolgo un lavoro che può essere svolto anche da casa, e così ho fatto. La
qualità della mia vita, e di quella della mia famiglia, ha avuto un miglioramento
verticale. Nel mio tempo libero, che finalmente avevo ripreso in mano, ho
cominciato a scrivere di gran lena, e finalmente sono riuscita a concludere Il Pittore degli Angeli, e a far
rivedere la traduzione da una madrelingua inglese. E ho imboccato con estrema
decisione il filone storico, il che equivale a dire che, di tutti i cavalli del
recinto, avevo scelto quello più difficile da domare.
Io e la mia dolce metà durante il nostro primo viaggio insieme
da fidanzati … com’eravamo giovani!
Siccome la vita è una ruota, e da una parte ti regala e
dall’altra ti toglie, le mie fortune letterarie hanno cominciato a declinare in
maniera vertiginosa. Non riuscivo più a pubblicare con case editrici, né a
vincere alcun concorso, tanto è vero che alla fine Il Pittore degli Angeli era
uscito in forma autopubblicata su un sito dove c’è una community letteraria
particolarmente attiva. Lì ho cominciato a conoscere altre
persone appassionate di scrittura come Nadia Bertolani, Stella Stollo, Clementina
Daniela Sanguanini, Vladimiro Forlese solo per citarne alcuni di vecchia data,
non me ne vogliano gli altri, ad assistere alle presentazioni altrui e a farne
di mie, a conoscere addetti del settore.
Però il tentativo di rinascita, come
dire, mi ha portato a dare delle autentiche craniate contro lo stato delle
cose. Caricavo di troppe aspettative quello che scrivevo, e questo mi generava
ansia; quell’ansia che cercavo di evitare perché mi aveva intossicato la vita
in almeno un paio di fasi. Inoltre, ho assistito con crescente sgomento all’insorgere
di uno stato d’animo da cui ero sempre rimasta immune: l’invidia. Non ero mai
stata invidiosa dei successi delle mie amiche più carine in fatto di ragazzi, o
nelle graduatorie scolastiche, o del benessere economico e sociale di altri, ma – di fatto – stavo
diventando invidiosa. Cominciavo a farmi domande come:
- Ma perché
quello ha più successo di me?- Perché vende più copie?
- Perché fa così tante
presentazioni, e con un pubblico così numeroso?- Perché mi passa avanti nel
calendario delle presentazioni, quando è un anno che io aspetto?- Perché non riesco più a vincere nessun concorso?
Ho visto persone splendide che si sono letteralmente rovinate il fegato per questo. Così quest’anno, dopo aver saputo di aver “ciccato” il quarto
concorso – ovvero di non essere entrata nemmeno tra i finalisti – mi sono finalmente
posta la domanda:
troppo sul serio
Bellonci?”
la pagnotta quotidiana è il mio lavoro per le case editrici di scolastica, dove
sono io che aiuto altri autori-insegnanti a pubblicare il loro lavoro nella maniera
migliore possibile; e il mio lavoro di editor mi dà moltissime soddisfazioni, e
continua a piacermi perché c’è una forte mescolanza tra lato umano e
professionale. Ho fatto una lunga gavetta, ma ne valeva la pena perché assisto
alla vita di un libro dalla sua nascita fino alla morte, come se fossi sia la
levatrice sia il medico curante, e ho imparato molte cose; lavoro con le
lingue, che ho studiato volentieri grazie alla lungimiranza di mio padre. Non
sono mai entrata come editor a far parte del gotha delle case editrici di
varia, ma forse è stato meglio così.
E voglio essere chiara su un altro punto: per me scrivere è importante, anzi, ha assunto un’importanza sempre più grande con l’andar del tempo. Non potrei fare a meno di scrivere i miei romanzi e racconti storici, e non voglio sembrare la volpe alle prese con l’uva della favola. Ma certo i sintomi che ho raccontato sopra non fanno bene al mio spirito e alla mia salute, e non mi portano da nessuna parte.
passione per la scrittura come un passatempo, visto che è quella che non mi dà
da vivere? Certo è da svolgere al meglio, perché quando c’è di mezzo un prezzo, anche minimo, bisogna che il prodotto sia curato per rispetto al lettore.
Questo, forse, basterebbe a disinnescare quel misto di ansie, di
invidia strisciante, di tossicità che è come lo strascico di determinati
attaccamenti e aspettative, rasserenarsi e non dare tante manate per muovere aria; di
purificare l’acqua e depurarla alla sorgente.
Un hobby. Un passatempo.
per hobby”.
Io non riesco a vedere la mia scrittura come un hobby, nonostante possa vantare un curriculum molto meno eccellente del tuo: se si eccettuano gli esperimenti di narrativa pubblicati sul blog, ho all'attivo solo due prime stesure complete e una revisione quasi terminata.
Però un hobby è, per definizione, qualcosa con cui riempi il tempo libero e che non dovrebbe mai arrivare a minacciare il tempo "occupato". Per quel che mi riguarda, invece, la scrittura ha tuttora il ruolo di regina indiscussa del mio tempo in generale.
Buonasera, Ivano!
Innanzitutto grazie della condivisione del post. Come seconda cosa grazie della condivisione del tuo pensiero. C'è un secondo aspetto che non ho sviscerato nel post, sia perché non mi sembrava il luogo adatto sia perché attiene alla sfera personale. Sono convinta, infatti, che a un certo punto, al di là di tutti gli sforzi che si possano fare per perseguire taluni obiettivi, o la qualità di quello che si scrive, intervengono fattori che vanno oltre il tuo campo d'azione. Come dicono sempre "il futuro è nel grembo degli dei", o in qualsiasi altro modo vogliamo chiamarli.
Le immagini anni 60 70 sono stupende. Tu sei davvero in gamba con questi ragionamenti e con ciò che scrivi. Io forse perché non ho mai trovato soddisfazione nel lavoro vero, vivo spesso la scrittura con un'ansia sbagliata come se dovesse appagarmi per i campi in cui ho mancato il bersaglio. Grazie di cuore per questo post perché mi ha fatto riflettere su aspetti importanti della mia vita. Sandra quella di Olga
Ciao Sandra, un abbraccio. Con la seconda fotografia ho voluto anche fare un omaggio a mio papà, che era una persona estroversa e solare e che ho imparato purtroppo a conoscere troppo tardi. Era un papà-Ulisse, cioè era sempre via per lavoro.
Hai ragione quello che dici sul lavoro: mi piacerebbe raccontarti che cosa facevo nella casa editrice francese che menziono nel post, e lo farò quando un giorno ci conosceremo di persona. Ti basta sapere che l'ambiente alienante e il mio genere di lavoro avevano ridotto il mio grado di autostima allo zero assoluto. Quindi ti capisco quando parli della scrittura come valvola di sfogo. Per me lo era da bambina, ora è diventata qualcosa di più. Ma è importante non farsi intossicare da tutto il corollario che, inevitabilmente, fa parte dell'ambiente. In tutti gli ambienti creativi ci sono invidie e veleni, io conosco degli artisti e ho conosciuto gente dello spettacolo, e ti assicuro che volano i coltelli.
Non ho molto da aggiungere, in quanto "scrittore per caso". Che sia un hobby, dopotutto, è solo indicativo del fatto che non ti paga le bollette 🙂
Ahahah!!! Verissimo, persino Bulgakov aveva rischiato – letteralmente – di morire di fame quando aveva abbandonato la carriera di medico per lanciarsi nel mondo della narrativa. 😉
Io ho trovato il post molto carino, sono contenta di aver saputo di più su di te, anche se tanti piccoli particolari erano già filtrati qua e là.
Scrivere, poi, è un bellissimo passatempo. Al momento sono felice di non vivere di scrittura, anzi, penso che se vivessi costantemente e unicamente concentrata sui libri, miei e altrui, diventerei matta. Faccio un lavoro che mi piace (nonostante mille problematiche di varia natura) e nel tempo libero scrivo. E va benissimo così.
Grazie del tuo commento, Tenar! Sono sempre un po' restia a parlare di me perché penso che alle persone non interessi molto. Invece scopro con stupore che sono contente.
Scrivere è divertente, ma è anche pesante. Io lavoro tutto il giorno su bozze di libri altrui, alla sera ho il cervello frullato. Anch'io però faccio un lavoro che mi piace, perché è molto sfaccettato, e ho a che fare non solo con gli autori, ma anche con illustratori, grafici, consulenti linguistici, ricercatori iconografici.
Il tuo post non mi ha annoiato per niente!
Però il concetto di "hobby" non mi è mai piaciuto, perché sembra che sia un'attività svolta solo per passare il tempo, quando capita. So che per te la scrittura non è questo e sono d'accordo che è meglio non prendersi troppo sul serio… ma è proprio la parola che mi dà fastidio! 😉
Spero di non diventare mai un'attrice per hobby, casomai un'attrice che lo fa per passione anche se non per lavoro.
Ciao Elisa, grazie di aver lasciato un commento. Diciamo che la provocazione era proprio contenuta nel termine "hobby", che è stato scelto non a caso. Sembra una cosa un po' da perdigiorno, quasi da farfalloni, vero? 😉
Scrivere è una vera e propria passione, però, come scrivevo del post, ad un certo punto alcune variabili mi avevano fatto perdere tutto il divertimento. Perché scrivere è divertentissimo… perlomeno nella prima fase. Per farti un esempio, la scrittura del copione teatrale di cui ti parlavo va a gonfie vele. Ne ho già scritto un terzo, ho deciso il titolo ("Il diavolo nella torre") e oggi ho scattato delle foto per la copertina proprio oggi a un capitello dell'XI secolo nella cripta di San Giovanni in Conca a Milano, che rappresenta un drago medievale. Magari alla fine sarà una schifezza e non verrà mai rappresentato, ma al momento ne sono entusiasta… e mi diverto eccome!
Ho adorato questo post, sia perché è stato bello leggere la tua storia di "narratrice", sia per le foto deliziose con cui l'hai corredato. Ma sono d'accordo con quello che dice Elisa: il concetto di hobby mi stona un po', soprattutto se devo attribuirlo a te. Ormai ho letto quattro tue opere e direi che non ti definirei mai una che scrive per hobby. Mi sembrerebbe quasi un insulto. Diciamo che scrivi per "ispirazione"?
Mi viene anche da fare una riflessione… forse i tempi sono cambiati rispetto a quando hai vinto quei premi. Non sto dicendo che era più facile, ma che forse c'era una maggiore attenzione alla qualità, mentre oggi sappiamo che le cose non funzionano come dovrebbero… E da qui provare invidia e altri sentimenti negativi assistendo a certi successi il passo è inevitabile. Ma come hai sottolineato alla fine, non bisogna lasciarsi contagiare da questi veleni, ma cercare di vivere la scrittura con serenità.
Della mia biografia avevamo parlato nei nostri scambi di mail, ma radunarla in un post è servita anche a me per tirare le fila del discorso. Grazie di cuore delle tue parole. Mi sono chiesta davvero se, a un certo punto, non ci fosse un fondo di presunzione nelle mie aspettative, come a dire che l'attenzione mi fosse "dovuta". Così mi sono posta queste domande.
Non ho idea perché ci sia stato questo cambiamento negli anni. Ho la sensazione che, ad esempio, i concorsi fossero molto più puliti di oggi, e parlo anche dei piccoli concorsi (e non certo dello Strega o del Campiello). Io ho partecipato anche come giurata a un concorso di provincia,e ho assistito a manovre da far accapponare la pelle, il tutto per arrivare a un modesto riconoscimento che non era nemmeno in denaro. Sono convinta anche di una seconda cosa: c'erano meno persone che scrivevano e inviavano. Era più difficile arrivare a una casa editrice, oggi basta un click con il computer, così le redazioni sono inondate. C'era meno ricerca spasmodica di visibilità. Chi sa, anche questo forse ha il suo bel peso.
Carissima, ho imparato a conoscerti attraverso la lettura de "Il Pittore degli Angeli" e poi via via delle tue altre splendide pagine e di una cosa sono sicura: fai bene a perseguire con impegno e passione il tuo cavalluccio di legno senza investirci sopra ansie e aspettative, ma sono d'accordo con chi storce il naso davanti alla parola hobby perché è molto svalutata e in fondo c'è una bella differenza tra lavorare all'uncinetto e scrivere opere ponderose, accurate, documentate come le tue. Facciamo così, scriviamo sul tuo biglietto da visita: Cristina, narratrice per passione (e del resto, diciamocelo, un po' di patimento nella scrittura c'è. O no?). Tutta la mia stima e ammirazione nonché profonda amicizia.
Carissima, va bene, cedo alla richiesta generale di depennare la parola "hobby" e di inserire invece "passione"! Sono già in stampa i biglietti da visita, sento il rumore delle rotative. 🙂 E intanto tengo le dita incrociate per il buon esito del tuo concorso. Nell'attesa, ricambio stima, ammirazione e amicizia in toto.
Cara Cristina, grazie di averci raccontato di te! Adesso so che siamo quasi gemelle, perciò non mi stupisco più di tante cose (circa tre quarti del post potrei averlo scritto io, forse anche con le stesse parole!). Come sai, non sono affatto al sicuro dal cocktail intossicante di cui parli. Ho vissuto a quel modo la scrittura per tanto tempo, e mi sono resa conto che la tensione generata rischia di mettere in forse il fatto stesso di scrivere. Questo mi ha allarmata, perché scrivere mi piace davvero; ma anche un grande amore, non puoi dare per scontato che resista a tutto. Se un piacere diventa una fonte di frustrazione, quanto tempo può durare? Adesso non mi sento più così, anche grazie a te, che sei un'ottima "ispiratrice di libertà". Non dico che scrivo per hobby, ma mi sento leggera e disposta a non porre condizioni al piacere di scrivere. Anche avere trovato un agente mi aiuta in questo senso. Passione è il termine migliore, sottoscrivo e incornicio! 🙂
Cara Grazia, effettivamente abbiamo moltissime esperienze in comune, come le scelte fatte da ragazze, il lavoro e la famiglia.
Scrivendo questo post, mi è venuta in mente anche la bellissima citazione di William Wharton che avevi proposto nel tuo blog, e che avevo sentito così autentica tra le molte altre: "Non scrivere pensando alle vendite e al denaro, o avvelenerai il pozzo alla fonte. Se scrivere non ti dà gioia, non farlo. La vita è breve. La morte è lunga." Avvelenerai il pozzo alla fonte… ora, magari non ho mai pensato al denaro ricavato dalle vendite come forma di arricchimento, ma qualche volta ad avere qualche vendita in più… sì; e soprattutto ad acquisire visibilità. Proprio di recente ho avuto un'altra incredibile risposta, durante una lettura domenicale in chiesa. Sembrava che fosse destinata alla sottoscritta: "San Paolo – Prima lettera ai Corinzi – 3, 6-13". Ti invito di cuore a cercarla.
Sono molto toccata e felice dal fatto di avermi definita un'ispiratrice di libertà!
Approfitto per scriverti qui nel blog che, non appena riesco a uscire da questa infernale bolgia lavorativa, rispondo alla tua ultima mail… senz'altro entro la settimana! 🙂
Si può dire "ti voglio bene" sul blog, vero? 😀 Il brano – molto forte e bello – mi ha anche strappato un sorriso, perché riecheggia una mia riflessione di qualche giorno fa, anzi, viceversa. Bella questa cosa, che tutto richiama tutto. (Non metterti fretta, io sono qui!) 🙂
Certo che si può dire, non penso che nessuno sia geloso! 😀 Sembra che tutte le cose importanti si chiamino a vicenda, è vero! Un abbraccio e a presto.
Ciao, devo dire che il tuo post mi è piaciuto molto, mi ha divertita e mi ha fatto riflettere – e per arrivare alla fine non ho dovuto nemmeno assaggiarlo, il caffè.
Per quanto riguarda la parte bibliografica, devo dire che mi ha tirata un po' su di morale perché sono all'inizio di un percorso simile al tuo. Ho terminato le superiori e non ho una laurea. Lavoro e nel tempo libero scrivo e convivo con quello che – penso e spero – un giorno potrebbe diventare mio marito.
Dato che, però, sono appena all'inizio di questo percorso, mi rendo conto che scrivere sta diventando molto simile a un lavoro. O meglio, non scrivo più per me come facevo a scuola, quando mi divertivo a inventare racconti. Mi sembra di scrivere per la volontà di essere pubblicata e letta. E devo ammettere che il divertimento, ciò che aveva sempre guidato la mia scrittura in passato, si è parecchio affievolito.
Quindi penso che cercherò di fare quel che stai facendo anche tu: sarò una scrittrice per hobby.
Grazie per avermi ricordato che scrivere è, prima di tutto, una passione che va coltivata per sé stessi 🙂
Ciao, Patty, sono contenta comunque di averti dato degli spunti di riflessione. Allora non ho incrementato le vendite del caffè! 😉
Conosco varie amiche della mia età che hanno sperimentato il medesimo percorso: divertimento, ambizione, disillusione, di nuovo divertimento. Alcune non sono riuscite a superare la fase della disillusione, però, nel senso che… ci stanno ancora lavorando. Penso che siano fasi quasi obbligate per coloro che amano scrivere e cominciano ad uscire dal cerchio protettivo di parenti ed amici. Ci si confronta con gli altri, si hanno magari i primi risultati positivi e… ci si monta un po' la testa, o perlomeno si hanno parecchie aspettative. Non pensiamo mai, però, che noi siamo esseri umani giudicati da altri esseri umani, come nel caso dei concorsi – anche senza voler pensare ai soliti complotti.
Quando ho cominciato a osservarmi dall'esterno, però, mi sono trovata odiosa. Continuavo a criticare certe persone, particolarmente attive e visibili e con i contatti "giusti", che ottenevano la presentazione dal filosofo di fama, o la recensione sulle pagine dei grandi quotidiani. Ho deciso quindi di dare un grosso taglio a tutto il discorso.