La locandina del film, qui il trailer in italiano

Il titolo del film Bright starscritto e diretto da Jane Campion, è tratto dal sonetto del poeta inglese John Keats, dedicato alla fidanzata Fanny Browne. Il film è imperniato sugli ultimi anni della vita di Keats (1818-1821), e narra soprattutto del suo rapporto sentimentale con la giovane vicina di casa Fanny. La famiglia di Fanny, composta da sua madre, da suo fratello minore Samuel e dalla sorellina Margaret, vive nella campagna di Hampstead. Fanny (Abbie Cornish) è una giovane donna appassionata di moda: disegna e cuce da sola gli abiti che indossa, e ama essere corteggiata e ammirata durante ricevimenti e danze. Non è quello che si dice comunemente una donna erudita, e non s’intende di poesia; la disdegna in quanto non procura il necessario per vivere, sebbene le sue affermazioni siano più una ripicca che una vera convinzione.

Accanto a loro vivono Charles Brown (Paul Schneider), poeta affermato, e il più giovane John Keats (Ben Whishaw), che il primo ha preso sotto la sua ala protettrice. Pur avendo pubblicato alcune raccolte, che hanno ricevuto lusinghiere recensioni ma anche critiche ostili, Keats stenta ad affermarsi come poeta e, se non fosse per l’amico, non avrebbe nessun mezzo per provvedere a se stesso. Per giunta ha un fratello ammalato di tubercolosi, che muore dopo poco tempo. Il rapporto tra lui e Fanny inizia all’insegna delle frasi pungenti e del battibecco, fino a quando Fanny, incuriosita e attratta dal giovane, chiede che John le dia “lezioni di poesia”. La poesia diventa dunque il tramite che schiude a entrambi la verità di un amore profondo e assoluto, che nessun ostacolo umano sembrerebbe mettere a repentaglio, né la povertà del giovane, né la perplessità della pur buona madre di lei, né l’ingombrante presenza di Charles Brown e altri amici. Sarà la tubercolosi a minare anche la salute di John, e la storia d’amore si conclude nella maniera più straziante: all’età di 25 anni John Keats muore in Italia, dove si è recato per sfuggire all’impietoso inverno inglese nella speranza di recuperare le forze, e la notizia verrà portata da Brown che non ha potuto accompagnare l’amico nel suo ultimo viaggio. Alla notizia Fanny quasi muore di dolore.
John Keats e Fanny Browne 
Bright star è un bellissimo film, di quelli che ti rimangono nel cuore e nella memoria sia per la bellezza dei temi proposti che per la bravura degli attori che interpretano i protagonisti. Ben Whishaw è un attore dagli occhi luminosi, con l’ossatura di uno scricciolo, che sembra diventare più etereo durante il film e pare sempre meno appartenere a questa terra: è metà poeta e metà angelo. Abbie Cornish interpreta anche lei un’artista, ma è un’artista dell’umile cucito, disprezzata dall’intellighenzia maschile che la circonda, e che la esclude dalle sue dotte conversazioni in quanto donna. Anche Fanny, a modo suo, cerca la bellezza, e la trova – perché no? – nell’armonia di un abito, nella perfezione di un fiore, nelle ali di una farfalla, in una nevicata invernale, nel gatto che ama accarezzare. Lei stessa è perfetta, come scopre con sorpresa lo stesso John a un certo punto del film, e nel film vi sono scene di una visualità abbagliante, complice la natura nel pieno rigoglio primaverile, e la luce che i due giovani sembrano emanare dall’interno quando sono l’uno in compagnia dell’altra. Tutto è irradiato e pervaso da una corrente irresistibile, come se le creature naturali e umane svelassero la loro anima più vera, e si mostrassero nella loro autentica essenza. E le rime, e le lettere che il giovane poeta scrive, sono lampi di bellezza assoluta.

Come sempre, però, amo guardare quello che si muove accanto al tema principale, che è esplicito. In questo caso molto interessante è stata l’osservazione del migliore amico di John Keats, cioè Charles Brown. Si tratta di un uomo che sembra il suo opposto a partire dall’aspetto fisico: è alto, massiccio, ingombrante e terrestre, tanto quanto John è basso e minuto. Nel carattere è rude, irridente e sgarbato, mentre l’amico è silenzioso e schivo. Sin dall’inizio si frappone fisicamente e verbalmente fra i due giovani e cerca di separarli in tutti i modi, con la scusa di salvaguardare la salute di John, perché i due amici vivono insieme in maniera quasi coniugale. Dove c’è John, c’è quasi sempre Charles, a impedire ogni contatto con Fanny. Getta discredito sulla ragazza e lo fa nella maniera più sprezzante, giudicandola fatua per la sua passione nella moda e deridendola per il suo sforzo di leggere i maggiori poeti inglesi in tempi brevi. Fin dall’inizio del film è come se s’instaurasse un intossicato triangolo amoroso, dove la posta in gioco non è Fanny bensì John. Addirittura, in un passaggio Charles lo dice: “Il premio è il possesso del poeta,” con chiaro riferimento all’amico. Cerca in tutti i modi un contatto fisico con John, sia pure in maniera protettiva, ma soprattutto un’unione spirituale: è chiaramente geloso. Eppure è un donnaiolo e non ha alcuna cura per i rapporti affettivi, come dimostrerà nel corso del film. Questo a dire quanto la natura umana sia complicata, e affascinante in maniera quasi ipnotica.
Charles Brown e John Keats durante una scena del film
dopo un diverbio a tre a causa di Fanny
Dopo la visione del film ebbi modo di leggere un romanzo sulla vita di John Keats, uno dei molti che uscirono all’epoca: Bright Star. La vita autentica di John Keats di Elido Fazio, che ebbe ottime recensioni. Mi piacque, ma scopersi un uomo lontano dal ritratto dolcissimo che la regista ne dà nel film, autrice della sceneggiatura. Era un uomo carnale come tutti, e sanamente interessato al sesso. E quindi, con tutta probabilità, anche il terribile Charles Brown non era poi così possessivo e soffocante come appare nel film. E Fanny, dopo aver portato il lutto per anni, alla fine si sposò con un uomo che ignorava il suo legame con il poeta.
Chiudo con i versi del sonetto Bright Star, a degno coronamento del post (la traduzione in italiano è a cura di Keat-Shelly House di Roma):


Bright Star 



Bright star, would I were stedfast as thou art– 



Not in lone splendour hung aloft the night 


And watching, with eternal lids apart, 

Like nature’s patient, sleepless Eremite, 
The moving waters at their priestlike task 
Of pure ablution round earth’s human shores, 
Or gazing on the new soft-fallen mask 
Of snow upon the mountains and the moors– 
No–yet still stedfast, still unchangeable, 
Pillow’d upon my fair love’s ripening breast, 
To feel for ever its soft fall and swell, 
Awake for ever in a sweet unrest, 
Still, still to hear her tender-taken breath, 
And so live ever–or else swoon to death. 

Lucente Stella


Oh fossi come te, lucente stella,



costante – non sospeso in solitario


splendore in alto nella notte, e spiando,

con le palpebre schiuse eternamente
come eremita paziente ed insonne
della natura, le mobili acque
nel loro compito sacerdotale
di pura abluzione intorno ai lidi
umani della terra, o rimirando
la maschera di nuova neve che
sofficemente cadde sopra i monti
e sopra le brughiere, no – ma sempre
costante ed immutabile posare
il capo sul bel seno del mio amore 
e sentire eternamente
il suo dolce abbassarsi e sollevarsi,
per sempre desto in una dolce ansia,
sempre udire il suo tenero respiro
e vivere cosi perennemente –
o svenire altrimenti nella morte.