Incontrare i libri è come incontrare delle persone, e alle volte ci si crea delle aspettative esagerate nei loro confronti. Non parlo di romanzi commerciali, quelli di cui tutti discutono al momento, come Le cinquanta sfumature di grigio, il Codice da Vinci, o certi romanzi di Federico Moccia o Fabio Volo, dal target sicuro, ma di romanzi che hanno avuto un tale successo di pubblico e di critica da indurvi a contattare l’autore, vivo o defunto che sia (leggi: comprare il suo romanzo), per invitarlo al primo appuntamento fuori (leggi: cominciare a leggere il suo libro).

Esattamente come per le persone, ci sono romanzi che ci attraggono irresistibilmente, altri di cui diffidiamo per istinto, altri ancora che ci lasciano indifferenti. E, come spesso si dice, “la prima impressione è quella che conta.” Vi farò l’esempio di un romanzo che ricevette giudizi contrastanti e potrebbe aver ricevuto elogi a prescindere dal suo valore, in quanto l’opera si impernia su una denuncia di tipo sociale, ed è lo spaccato di una mentalità retrograda e patriarcale, e cioè:

L’arte della gioia di Goliarda Sapienza 

Avevo sentito parlare di questo romanzo, rifiutato da molti editori italiani e poi pubblicato postumo in Francia, come di un caso editoriale e un caposaldo della letteratura

La copertina del romanzo
edito da Einaudi

femminista, e mi era stato addirittura consigliato da un’entusiasta collega di lavoro. Avevo però anche una percezione strana su di esso: non mi attirava per nulla. L’avevo comprato, finalmente, e messo nel famoso “Armadietto delle letture” (su cui prima o poi scriverò un post separato perché secondo me “it”, l’armadietto, vive di vita propria, in quanto i libri si riproducono da soli)… e ancora non mi decidevo a leggerlo. Altri libri, magari acquistati dopo, venivano pescati e continuavano a passargli avanti. Finalmente è arrivato il grande momento, ho aperto il romanzo e ho cominciato a leggere…

Trama: Il romanzo narra la storia di Modesta, nata in Sicilia il primo gennaio del 1900 in una famiglia poverissima. Per una serie di traversie, la ragazza si trova ad essere ospitata prima in un convento, e poi in una famiglia di antica nobiltà siciliana, ma in piena decadenza. Grazie a un matrimonio di convenienza con un membro della famiglia, e alla sua astuzia, lentamente Modesta prenderà le redini di questo mondo fino a diventarne la matriarca indiscussa. Non solo, ciascun incontro, al maschile o al femminile, genera una fortissima attrazione sessuale, e quindi nel corso della sua lunga vita Modesta si prende amanti di entrambi due sessi. Il romanzo offre un affresco della Sicilia del secolo scorso fino ad arrivare alla Seconda Guerra Mondiale, tanto da essere paragonato a Il Gattopardo.

Recensione: Mai delusione letteraria fu più cocente. Come avete letto, la trama è grandiosa e appartiene al genere delle saghe familiari che a me piacciono molto. Il personaggio di Modesta è forte, volitivo, calcolatore e ipocrita a seconda delle convenienza, e ha tutte le carte in regola per piacere al lettore, anticonvenzionale com’è. Ero quindi colma di aspettative. Ecco invece le mie critiche di potenziale amante delusa.

Il primo punto dolente è lo sviluppo della trama. Il romanzo regge bene per le prime cento pagine, cioè fino a quando la ragazza viene ospitata come dama di compagnia presso i nobili di cui si è detto. Tiene fino a quando rimane, in un certo senso, confinato in ambito ristretto (sebbene già cominci a mostrare i primi cedimenti strutturali). Quando irrompe la storia “esterna”, cioè il fascismo e la guerra, la trama va in caduta libera, diventa confusa, spariscono dei personaggi e non si sa il perché, o ritornano improvvisamente nel corso di una scena o di un dialogo senza spiegare nulla. Diventa quindi faticosissimo da seguire.

2 Il secondo punto dolente sono i dialoghi. I dialoghi sono quasi sempre all’insegna dell’iperbole e del manierismo, ci sono più punti esclamativi che capelli in testa ai personaggi – specie nella seconda parte, con l’affollarsi dei figli e dei nipoti. Non si capisce chi parla se non dopo aver letto tre o quattro battute, e si è costretti a rileggere il pregresso per capire. Si ha la sensazione che l’autrice voglia costringerti a recitare battuta per battuta, per capire chi sta parlando, forse a causa della sua professione di attrice. Spesso le battute non hanno “code” che chiariscano dove si trovano e aiutino il lettore, che si trova costretto a sforzi supplementari.

Ora, posso sopportare di tutto, ma se c’è una cosa che mi manda in bestia quando leggo un romanzo è non capire chi sta parlando. Posso sopportare le descrizioni minuziose di chi ti racconta peso x altezza : 2 di ogni singola cosa, ma non questo. Nel romanzo il lettore è come un cieco che deve essere aiutato a vedere, perché un romanzo non è un film (ed esistono persino film confusi)! In questo senso non aiuta l’impasto di italiano e siciliano, naturalmente. Ma non è quello il problema: leggo i romanzi di Camilleri senza fare una piega, e anzi prendendoci gusto.

3 Il terzo punto dolente è proprio la protagonista, insieme affascinante e repulsiva, ma che alla fin fine diventa odiosa. Non appartiene nemmeno al genere del “personaggio che amerete odiare”, ma a quello dei personaggi mostruosi e ipertrofici di cui non vedi l’ora di sbarazzarti. Per me è stato così, con abbandono del romanzo a venti pagine dalla fine e conseguente voglia di sperimentare il lancio del libro fuori dalla finestra. E, come lettrice testarda che vuole leggere dalla prima all’ultima riga, è stato un autentico smacco e mi ha fatto detestare ancora di più questo romanzo. 


Biografia di Goliarda Sapienza: se cercate in internet, troverete facilmente una biografia di questa autrice, pur sommaria, e vari articoli. Qui vi basti sapere che lei stessa ebbe una vita trasgressiva e tumultuosa, che conobbe il carcere per furto e che i suoi romanzi conobbero alterne fortune. Considerata un’autrice di nicchia e una femminista, è stata pubblicata ed esaltata in Francia, (come a dire che in Italia non si riconosce la qualità dei propri scrittori).

Conclusioni: ora, io mi chiedo se il valore di un romanzo, come in questo caso, possa essere dato solamente dalla forte militanza politica o ideologica dell’autore, e se non debba essere giudicato a partire dal suo contenuto letterario. Di un romanzo non m’interessa da chi sia stato scritto, se da un’assassina, una ladra, una prostituta, una santa, una suora. M’interessa che cosa sa scrivere e come lo scrive. Può trattare qualsiasi argomento, anche il più scabroso, e può essere di qualsiasi lunghezza: ho affrontato romanzi di seicento pagine, divorandoli, e ho arrancato lungo romanzi di sessanta pagine. Il punto in una produzione letteraria è solamente uno: la scrittura.

Mi è capitato anche di leggere opere di premi Nobel, e di chiedermi “tutto qui”? Mi è capitato invece di incontrare libri di autori poco noti, quasi per caso, e di essere rimasta stupita della loro qualità. Come sempre, i motivi per cui un autore emerge e l’altro no appartengono al campo dell’imponderabile; e lo stesso gli incontri che si fanno con loro.

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E voi, ricordate un romanzo da cui vi aspettavate molto in tutti i sensi, e che vi ha fortemente deluso? Quali sono i motivi della vostra delusione?