Di recente filosofi, sociologi e letterati stanno dissertando sulla progressiva sparizione della figura paterna, con tutte le conseguenze del caso. Ad esempio, se andate al seguente link e leggete la prima parte della definizione di autorità sull’enciclopedia Treccani ad opera di Augusto Del Noce, constaterete come la crisi del padre si rifletta sulla crisi di molte istituzioni di stampo patriarcale, come la Chiesa cattolica.

Vero è che la figura del padre incarnante l’autorità indiscussa è sembrata arretrare in favore di un rapporto dove il dialogo e le manifestazioni di affetto subentrano sin dalla più tenera età del figlio; alle volte, però, l’arretramento ha portato questa figura a sbiadire in un ruolo da “amico” dei figli e a confondersi con i coetanei della prole. Il freddo, duro padre di stampo vittoriano è svanito, almeno nella nostra società europea, e sicuramente nessuno di noi lo rimpiange. Di contro, però, i figli si sono trovati disorientati e privi di regole, specie in un’età in cui qualche linea-guida affettuosa ma ferma, e alcuni “no” ben motivati non fanno male.

A livello personale, ho scoperto mio padre solo all’ultimo, prima che lo perdessi a causa di una malattia dal decorso molto rapido. Ho vissuto l’infanzia priva di una vera e propria figura paterna, in quanto mio padre era spesso via per motivi di lavoro, e mi sentivo proprio come un Telemaco in gonnella, anzi, in gonnellina e codini, visto che ero molto piccola. Mio padre era una figura mitologica, il cui ritorno era festeggiato come un evento epocale; e ricordo le sere passate a giocare ai piedi del divano, lottando contro il sonno per non addormentarmi , aspettandolo, e corrergli incontro per abbracciarlo.

In linea generale, tra il padre e la madre, sono stata sempre fortemente attratta dalla prima figura anziché dalla seconda, in quanto, come donna e madre, e con tutta la letteratura relativa, mi sembra che si sia già scritto e detto molto. Quello che per me rimane misterioso è proprio il legame invisibile che si viene ad instaurare tra due persone separate a livello fisico… una delle quali proviene comunque dall’altra. Con la madre questa simbiosi si radica nel grembo, e all’atto del parto c’è una separazione molto violenta e dolorosa tra i due esseri. Tra un padre e un figlio il nesso appare quasi inspiegabile. Eppure c’è.

Vi propongo con questo post una carrellata di alcuni famosi padri letterari, tra i molti proposti. Come nel precedente post sull’amicizia, correderò il testo con una citazione.


Ulisse, ovvero la nostalgia del padre – Odissea di Omero


L’incontro tra Ulisse e Telemaco
Odissea, sceneggiato televisivo del 1968

Ulisse è uno dei padri più famosi della storia letteraria, malgrado sia il padre della lontananza e dell’assenza. Nella reggia di Itaca e attraverso i racconti, egli aleggia come un fantasma. Il figlio Telemaco cresce nella memoria e nell’attesa del genitore, per cui prova una nostalgia struggente. La mancanza di notizie e l’incertezza se egli sia davvero morto diventano impulso alla ricerca, al viaggio e quindi al movimento. Il figlio in questo caso si sente incompleto senza il padre, e per diventare adulto si mette in viaggio.

La riunione tra i due non appartiene solo alla letteratura, ma al mito e all’archetipo; anche perché Ulisse non è più giovane, ma nemmeno un uomo anziano e debole. Si trova ancora nel pieno della virilità e può costituire un modello per il figlio. Una curiosità: ne Il complesso di Telemaco di Massimo Recalcati si indaga su un nuovo tipo di relazione padre-figlio, improntata al recupero di un vuoto affettivo e di una staffetta tra generazioni.

Citazione: Lo vidi in un’isola [Odisseo] – versava lacrime fitte – nella dimora della ninfa Calipso che a forza lo costringe a restare. Non può ritornare alla terra dei padri, perché non ha più navi dai lunghi remi né compagni che lo conducano sulla vasta distesa del mare. (Proteo a Menelao, nel racconto di Menelao a Telemaco – Libro IV Odissea)


Il padre di Gertrude, ovvero lo stupro dello spirito – I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni


La Signora di Monza di Giuseppe Molteni (1847),
basato sul personaggio de I Promessi Sposi

Nel XVII secolo il destino delle figlie femmine di nobile famiglia era presto tracciato: le maggiori andavano in sposa in un’età impubere a qualche gentiluomo, di solito più vecchio di loro, e molto spesso violentate la prima notte di nozze, le altre erano costrette a farsi suore. La figura della monaca di Monza Gertrude è storicamente esistita (come Suor Virginia Maria, al secolo Marianna de Leyva y Marino) ed è stata tramandata ai posteri grazie a una serie di atti processuali molto dettagliati.

Il conte Martino de Leyva, padre di Gertrude nel romanzo, non è figura diabolica nelle sue decisioni, che, come dicevo, erano comuni a molti genitori del tempo. Piuttosto lo è nella maniera subdola con cui piega ai suoi scopi la volontà di una figlia, solo desiderosa di compiacere il padre, e senza che nascano ribellione e scandali. Difatti, occorre che la fanciulla dia il suo consenso a prendere il velo, e dichiari che la sua vocazione sia sincera. Ed è esattamente questo che egli persegue, dando alla bambina bambole vestite da monaca con cui giocare e prospettandole un futuro da badessa riverita e potente; poi, quando è cresciuta, continuando tra ricatti, moine e minacce velate. Alla fine ottiene il suo scopo.

Citazione: Fu dunque fatta la sua volontà: e, condotta pomposamente al monastero, vestì l’abito. Dopo dodici mesi di noviziato, pieni di pentimenti e di ripentimenti, si trovò al momento della professione, al momento cioè in cui conveniva, o dire un no più strano, più inaspettato, più scandaloso che mai, o ripetere un sì tante volte detto; lo ripeté, e fu monaca per sempre. (PS, X, 70)


Kafka figlio, ovvero il groviglio dei sentimenti – Lettera al padre di Franz Kafka

Kafka all’età di cinque anni

Lo scrittore praghese Franz Kafka nacque il 3 luglio 1883, primogenito di Hermann Kafka, un agiato commerciante ebreo, e di Julie. Il padre era proprietario a Praga di un emporio che gestiva assieme alla moglie.

Sui rapporti tra Kafka e suo padre molto si è parlato e la lettera che egli scrisse nel 1919, e che venne pubblicata postuma, getta una luce solo parziale sui sentimenti che egli provava per suo padre. Non si tratta solamente di timore nei confronti di un genitore duro e autoritario, ma piuttosto di un intrico inscindibile tra paura, venerazione, odio, disprezzo, stima.

L’autore cita un episodio in cui, di notte, chiede insistentemente dell’acqua e ammette di aver voluto attirare su di sé l’attenzione, non per un reale bisogno ma per affetto. Per tutta risposta il padre lo chiude sul ballatoio, con indosso la sola camicia da notte. Rimanere in quelle condizioni non ha conseguenze sulla salute fisica del bambino, quanto risultati devastanti sul suo spirito, ed egli da quel momento in poi vive nel timore notturno di veder arrivare il padre e, di punto in bianco, di venire chiuso fuori casa. Il padre è dunque considerato come un essere (“un gigante”, lo definisce Franz) che detiene potere di vita e di morte nei confronti del figlio, e la sue fisicità prorompente è in netto contrasto con la piccolezza e la gracilità del figlio.

Citazione: “Carissimo padre, di recente mi hai domandato perché mai sostengo di aver paura di te. Come al solito, non ho saputo risponderti niente, in parte proprio per la paura che ho di te, in parte perché questa paura si fonda su una quantità tale di dettagli che parlando non saprei coordinarli neppure passabilmente. E se anche tento di risponderti per iscritto, il mio tentativo sarà necessariamente assai incompleto, sia perché anche nello scrivere mi sono d’ostacolo la paura che ho di te e le conseguenze, sia perché la vastità del materiale supera di gran lunga la mia memoria e il mio intelletto.” …



Cedric il sassone, cieco custode delle tradizioni – Ivanohe di Walter Scott


Ivanohe è uno dei più bei romanzi storici che siano stati scritti, avventuroso e adolescenziale. I dialoghi sono strepitosi, l’ambientazione pure. L’approfondimento psicologico non è da manuale, beninteso, e i personaggi sono un po’ bidimensionali, anche se questo non toglie niente al valore del romanzo che costituisce un caposaldo nella letteratura del suo genere.

Il romanzo è ambientato in Inghilterra intorno al 1194, quando la conquista normanna dell’isola erano avvenuta da tempo, e le popolazioni sassoni erano ormai sotto il giogo del conquistatore. Cedric è il prototipo del signorotto sassone orgoglioso delle sue origini e della sua casata, e non si discosta dalle tradizioni anche quando questo va contro ogni ragionevolezza. Soprattutto ferisce i sentimenti dei suoi familiari: Rowena, la nobile fanciulla di cui è il tutore, e il suo stesso figlio Ivanohe, innamorato della fanciulla promessa sposa a un altro.

Cedric ha persino diseredato il figlio, colpevole ai suoi occhi di voler impalmare la fanciulla, e continua nel suo atteggiamento cieco e sordo con la massima testardaggine. Nel romanzo, la sua cocciutaggine lo rende una figura un po’ ridicola e lo porta nel gruppo del coro comico, insieme al suo buffone Wamba, l’unico che ha facoltà di prenderlo in giro. Probabilmente rappresenta la figura del conservatore e del tradizionalista, come ce ne sono tanti anche ai giorni nostri.

Citazione: D’un tratto, Cedric fu risvegliato dalle sue fantasticherie dal suono di un corno al quale fecero eco i furiosi latrati di tutti i cani nella sala e di altri venti o trenta ospitati nelle altre parti della casa. Si rese necessario l’impiego del bastoncino bianco, coadiuvato dagli sforzi dei domestici, per zittire quel fragore canino. – Alla porta, schiavi! – ordinò il sassone, concitato, non appena il tumulto fu sedato quel tanto da permettere ai servi di sentire la sua voce. – Andate a vedere quali notizie ci porta quel corno… l’annuncio, mi immagino, di qualche rapina consumata nelle mie terre. –




Mr Bennett, l’inno al quieto vivere – Orgoglio e pregiudizio di Jane Austen


Mr Bennett in Orgoglio e pregiudizio,
miniserie televisiva britannica della BBC

Mr Bennett è un flemmatico gentiluomo inglese, che ama chiudersi nella biblioteca della sua dimora di campagna. Chiede solamente un po’ di pace per trascorrere il tempo in compagnia di un buon libro, accanto al focolare domestico. Evita accuratamente i rapporti umani in quanto fonte di sicura molestia e, quando vi è costretto, esercita la sua fine ironia su chi lo circonda.

Ha infatti la sventura di essere sposato a Mrs Bennett, una donna petulante la cui unica ambizione è maritare le cinque figlie. Visto il numero di elementi femminili in casa, è costantemente sotto attacco, e d’istinto il lettore si sente portato a simpatizzare con lui. La sua predilezione va comunque alla secondogenita delle sue figlie, Elizabeth, che ritiene “abbastanza intelligente per essere una donna” e alla primogenita Jane, una ragazza dolce e quieta. Non si preoccupa granché dell’educazione delle figlie, compito che demanda interamente alla moglie, e con risultati catastrofici. Solamente quando una serie di eventi turberà gravemente la quiete domestica, Mr Bennett sarà costretto a intervenire di persona e a lasciare a malincuore la sua amata biblioteca per partire alla volta di Londra.

Citazione: “Ti sta davanti, Elizabeth, una brutta alternativa. Da oggi in poi diventi un’estranea per uno dei tuoi genitori; se non sposi il signor Collins, tua madre non ti vuol più vedere, e se lo sposi, sono io che non ti vorrò vedere più.” (Mr Bennett)


Mr Murdstone: il sadico per eccellenza – David Copperfield di Charles Dickes

Ritratto di Edward Murdstone
di Frank Reynolds (1910)

Mr Murdstone non è un padre, quanto piuttosto un patrigno avendo sposato, nel romanzo, la madre di David in seconde nozze. Ad ogni modo ho voluto inserirlo nella mia carrellata perché, secondo me, è una delle figure paterne più terrificanti nella storia della letteratura.

Il suo primo tratto inquietante è la personalità cerimoniosa e galante che egli mostra quando è impegnato a corteggiare la madre di David (“la graziosa vedovella”, come emerge durante una conversazione con un amico, colta dallo stesso David ancora bambino), e che com’è ovvio è falsa. Una volta ottenuto il suo scopo, sposare Clara, getta ben presto la maschera insediandosi saldamente in casa Copperfield come nuovo padre-padrone con la complicità della sorella, Miss Murdstone.

Egli mette in atto tutta una serie di raffinate torture spirituali per ferire la moglie, e separarla affettivamente dal figliastro che egli vede come il fumo negli occhi. Quello che è più spaventoso in Murdstone è la sua impassibilità – suggerita anche dal cognome (stone = pietra) – e il fatto che egli non perda mai la calma e non alzi mai la voce. Ha l’assoluto controllo delle sue emozioni e domina con pugno di ferro le persone che lo circondano. Tuttavia egli usa lo staffile nei confronti del figliastro con tutta la delizia di un sadico, secondo solo al maestro di collegio presso cui David verrà esiliato.

Citazione: Ma il momento più drammatico di queste miserande lezioni è quando mia madre (pensando di non essere osservata da alcuno) cerca di darmi l’imbeccata muovendo appena le labbra, Nell’istante stesso la signorina Murdstone, che non ha aspettato altro per tutto quel tempo, dice con voce profonda e ammonitrice: “Clara!” Mia madre sussulta, diventa rossa e sorride debolmente. Il signor Murdstone si alza dalla poltrona, prende il libro, me lo tira addosso o me lo dà sulle orecchie e mi spinge fuori dalla stanza per le spalle.


Salvo Randone interpreta magistralmente
il padre dei Karamazov nello sceneggiato RAI del 1969

Il vecchio Karamazov, ovvero una sentina di vizi (I fratelli Karamazov di Fëdor Dostoevskij)



Si tratta dell’ultimo romanzo dello scrittore russo, ed è imperniato sulle vicende di una famiglia di possidenti terrieri, i Karamazov, composta dal padre e dai tre figli maschi, oltre che da un figlio illegittimo. Ogni fratello è differente nel carattere e nelle aspirazioni, quindi abbiamo l’impetuoso Dmitrij, il cerebrale Ivàn e lo spirituale Alëša; non da sottovalutare l’infido Smerdjakov che farà da detonatore alle tensioni che, ad ogni istante, minacciano di deflagrare in famiglia.

L’oggetto del contendere tra il vecchio Karamazov e il suo primogenito è una questione ereditaria, che ben presto si complica quando entrambi desiderano ottenere i favori di una donna bellissima, soprannominata Grušenka. Non è certamente un esempio edificante, eppure la figura di questo padre è davvero potente e complessa nel suo concentrato di avidità, di libidine, di sinuosità, di buffoneria, ma anche di improvvisi slanci d’affetto, specie nei confronti di Alëša. Poche figure di padri nella storia della letteratura hanno avuto la sua capacità di indurre curiosità e ribrezzo al tempo stesso.

CitazioneAlëša si alzò a un tratto da tavola, esattamente come sua madre secondo il racconto; giunse le mani, poi se ne coprì il viso, cadde come falciato sopra una sedia e si scrollò tutto in un accesso isterico di lacrime improvvise, convulse e silenziose. La sua straordinaria rassomiglianza con la madre fu quello che più impressionò il vecchio. – Ivàn, Ivàn, dagli presto dell’acqua! Ha fatto come lei, punto per punto come lei, come sua madre allora! Spruzzalo di acqua con la bocca, così facevo io. Lo deve a sua madre, a sua madre… – mormorava ad Ivàn. – Ma sua madre, penso, era anche la mia, che cosa credete? – proruppe a un tratto Ivàn con iroso e incontenibile disprezzo. 






La moderna odissea di un padre – Se questo è un padre di Andrea Ruffolo


La copertina del libro,
edito da edizioni Effigi
http://www.cpadver-effigi.com/

Non è un caso se ho inserito il padre protagonista di questa storia in fondo alla mia galleria di ritratti, in quanto si ricollega in qualche modo alla prima figura presentata nel post: Ulisse. Il libro di Andrea non è definibile come “romanzo”, ma a buon diritto merita di essere inserito, se non altro perché gran parte delle vicende narrate e veramente accadute… va al di là di ogni immaginazione romanzesca.

Se questo è un padre è una storia d’amore tra un padre separato e sua figlia. Rapporto d’amore che una legislazione folle e una burocrazia altrettanto cieca hanno messo a dura prova. L’autore narra in prima persona la sua lunga battaglia per strappare al legislatore qualche ora di tempo in più con l’unica figlia. Soprattutto, si batte per non venire estromesso definitivamente dalla vita della bambina, e veder compromesso per sempre un legame affettivo essenziale per la salute fisica e mentale di entrambi. Come padre dei nostri giorni, Andrea ha inoltre un lato materno che egli sa esprimere nel suo rapporto con la piccola Emma, detta Chicca.

Materia incandescente, dunque, che sarebbe bastato poco a far scadere nel piagnisteo o nella corrosività. Invece l’autore riesce, con il suo stile inconfondibile fatto di calembour, giochi di parole, battute, citazioni colte, a restituirci una narrazione grottesca, e malinconica a tratti, ma priva di odio. Essa si offre al lettore come una specie di “commedia dell’arte” all’italiana: tragica fin che vogliamo, ma sempre commedia. La sua testimonianza ha sia un valore letterario per la forma di scrittura adottata che un intento civico, perché evidenzia una delle molte storture legislative italiane di una bilancia che pende tutta a favore di una delle parti in causa; e ve ne consiglio la lettura.

CitazioneCome fa un figlio a capire se un genitore esagera o meno? Non ha termini di paragone, il padre o la madre per apprensivi o incoscienti che siano, sono tutto il suo universo. Allora è dilaniato dalle logiche di schieramento; mentre si schiera con l’uno, l’altra sua parte si ribella per quel tradimento che deve condurre a una terribile scelta definitiva per evitare il rinnovarsi del conflitto interiore. La prospettiva di una tua possibile scelta per la mamma, più di ogni altra cosa mi terrorizzava. Non solo e non tanto per la frustrazione mia, quanto per il tuo dover negare tuo padre a te stessa.




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l tema della paternità è cardinale in quello che scrivo, come ho già avuto modo di dire in altri post. Nei miei ultimi romanzi ci sono padri in tutte le salse: ne Il Pittore degli Angeli il rapporto tra l’affermato, settantenne artista Tiziano Vecellio e il misterioso, giovanissimo Lorenzo è un rapporto padre-figlio, complicato da una forma di attrazione venata di erotismo. Nel romanzo ci sono anche i figli del pittore: il mite Orazio e il ribelle diacono Pomponio, entrambi deludenti ai suoi occhi e, sullo sfondo, la figlia Lavinia già maritata.

Nella saga crociata ci sono due coppie emblematiche di padri e di figli: Geoffroy de Saint-Omer, il cavaliere fiammingo, e il figlio François, legati non solo da affetto ma da una profonda comunione spirituale, che in qualche modo ricorda il rapporto Ulisse-Telemaco. Saranno separati dalle vicende storiche e cercheranno disperatamente di riavvicinarsi. Di contro, il rapporto tra il saraceno Ghassan e il padre, un governatore del Maghreb, è improntato a tirannide, conflitto, disprezzo e odio reciproco che cova sordamente. In questo caso il vecchio teme il giovane, perché sa che il figlio lo vuole scalzare in tutti i modi.

Ed ora a voi! Vi vengono in mente altri esempi in letteratura che considerate capitali? Quanta parte ha il tema della paternità nelle vostre vite e nei vostri romanzi?