La copertina del libro
edito da Ali&No editrice
http://www.alienoeditrice.net/

I cavalieri templari sono uno degli ordini cavallereschi più controversi e misteriosi della Storia, e fiumi d’inchiostro sono stati sparsi sia sulla loro irresistibile ascesa in potenza e ricchezza, sia sulla tragicità con cui furono annientati ad opera di Filippo il Bello di Francia. La loro leggenda si mantiene inalterata generando nuovi miti, con altrettanti romanzi e film di vario spessore.

Dopo la conquista di Gerusalemme ad opera dei crociati, avvenuta nel 1099, il flusso dei pellegrini cristiani si era molto intensificato. Si necessitava quindi la presenza di un corpo armato che li proteggesse lungo i pericolosi itinerari del tempo. È pur vero che all’epoca della fondazione dell’ordine esistevano altri ordini cavallereschi, ma l’assoluta novità nei templari derivava dal connubio tra due figure contrastanti: quella del religioso che seguiva una regola monastica e contemplativa, e quella del combattente.

Il Tacuinum templare redatto da Alex Revelli Sorini e Susanna Cutini, e pubblicato dalla casa editrice Ali&No ci permette di gettare uno sguardo interessantissimo sulla loro alimentazione, quanto mai sana ed equilibrata in un’epoca in cui le classi alte della società feudale si cibavano prevalentemente di carne ed erano sregolate a tavola nel mangiare e nel bere, e ci restituisce il ritratto non solo di rudi guerrieri, ma anche di attenti commensali che seguivano un galateo ante litteram.

Il libro si apre con una breve storia dell’ordine, e riprende i punti della Regola relativi all’alimentazione. Suddivise non solo secondo la tipologia di portate, ma anche nelle sezioni dedicate alle precettorie d’Occidente e d’Oriente, le numerose ricette proposte nel libro sono state ricostruite dagli autori sulla base dei punti che si occupavano dell’alimentazione, e degli inventari redatti dai delegati di Filippo il Bello durante l’annientamento dell’ordine.

In quanto monaci, i templari mangiavano riuniti nel refettorio della commenda (o casa templare principale), davanti a tavole apparecchiate con una tovaglia bianca, tranne il Venerdì Santo quando mangiavano sul nudo legno in segno di devozione e rispetto. Usavano il cucchiaio per zuppe e minestre, e il coltello per le carni, e prendevano i loro pasti in silenzio, o rivolgendosi l’uno all’altro sottovoce, se necessario, e ascoltando le Sacre Scritture. Anche quando erano in viaggio, dopo aver montato l’accampamento, si recavano alla tenda per la distribuzione dei pasti mantenendo grande ordine. Del resto non è un mistero che i cavalieri templari fossero delle micidiali macchine belliche per compattezza e disciplina, e non fa quindi meraviglia che applicassero la stessa precisione anche nel loro modo di regolare i pasti.

A tavola il posto d’onore era destinato al pane, e i templari consumavano legumi come fornitura proteica, pesce d’allevamento se la commenda non sorgeva vicino a corsi d’acqua, verdure fresche dell’orto, frutta dal frutteto o dal bosco, uova dal pollaio, latte e formaggi di loro pecore e capre. Il maiale era tenuto in gran conto, pur limitando al consumo di carne a tre volte alla settimana (in quanto monaci, ma anche guerrieri, la carne era essenziale per la loro dieta). Una curiosità: la caccia era proibita, come da regola monastica. Il vino derivava dai numerosi vigneti dell’ordine. Molto prima di noi, si può ben dire che i cavalieri templari applicassero la sana abitudine del cibo “a chilometro zero”, visto che ogni commenda si sostentava con i prodotti della terra e delle fattorie ad essa sottoposte.

Cappella templare di Cressac, dettaglio della battaglia della Bekka (Buqaia) del 1163

Nelle precettorie o commanderie d’Oriente, i piatti erano inoltre insaporiti con le spezie, vero e proprio “oro” gastronomico in Occidente, ma anche con fiori e frutta secca, e risentivano delle influenze della cucina araba. Sembra che l’invenzione della pasta secca, ad esempio, fosse di derivazione islamica per poter conservare la pasta in un clima dove gli alimenti si deteriorano molto rapidamente. Un altro esempio consiste nella ricetta del marzapane per confezionare quei dolci coloratissimi così popolari in Sicilia e la cui parola parrebbe originata dal termine arabo “marzaban” per indicare la scatola di legno contenente il dolce.

In conclusione, le ricette proposte sono tutte facilmente sperimentabili e, in questo modo, avremo davvero la sensazione di sederci a tavola con dei commensali vestiti di bianco, la croce rossa sul petto e sulla spalla sinistra del mantello, e la spada al fianco. Non nobis Domine, non nobis, sed nomini tuo da gloriam.  

Buon appetito a tutti!