Tratto dal romanzo L’atlante delle nuvole di David Mitchell, Cloud Atlas è un film di fantascienza del 2012 che intreccia sei storie ambientate in luoghi e tempi diversi. Al suo attivo ha un cast di attori molto noti, tra cui Tom Hanks, Halle Berry, Susan Sarandon, Hugh Grant e Hugo Weaving.

Dopo aver recensito il romanzo nel post che trovate qui, mi accingo ora a commentare il film e ad inaugurare il nuovo percorso nel blog dal titolo Alla Lanterna Magica, espressamente dedicato al cinema e che tratterà di film particolari! 🙂 Avendo già letto il romanzo, non ho avuto alcun problema a seguire la trama del film, ma credo che molti aspetti risultino oscuri a una non-lettura come ho intuito dalle molte recensioni in rete. Non era facile, peraltro, trarre dal romanzo di David Mitchell un film che, utilizzando il linguaggio particolare del cinema, fosse ugualmente efficace in termini di messaggio e comprensione.

Il romanzo narra sei diverse storie, la prima parte dal 1849. Dopo essere sfociate nel futuro, ognuna ritorna indietro in un moto circolare per chiudersi (perciò, il romanzo termina con la storia ambientata nel 1849). I personaggi che affollano il romanzo compiono azioni che hanno ripercussioni non solo nel futuro comunemente inteso, ma anche nel passato, e in questo senso viene ripudiata l’idea di un tempo lineare. Ogni vita avviene contemporaneamente e, dunque, non è detto che un personaggio compia un’evoluzione al positivo, o rimanga in una condizione di stasi; potrebbe addirittura peggiorare. I destini dei protagonisti sono, com’è ovvio, non solamente interconnessi, ma collegati all’umanità intesa nella sua accezione più ampia. Spetta a loro  e alle loro scelte regredire ad uno stadio primordiale e tribale, dove il più forte mangia – letteralmente – il più debole, oppure evolversi in piena armonia con l’universo. 
Il significato del romanzo, e anche del film, sta nella consapevolezza delle azioni umane. Soprattutto il film deve molto alle teorie di Gurdjieff secondo cui la condizione attuale dell’uomo non corrisponde al suo vero destino. L’uomo medio vive addormentato, nell’ignoranza delle sue possibilità e, così facendo, perde il contatto con la Realtà. Pochi esseri “risvegliati” possono dare il loro contributo all’evoluzione umana, e questa teoria viene applicata anche dai registi di Cloud Atlas, gli stessi della trilogia di Matrix.

Persistenza della memoria di Salvador Dalì, 1931
Museum of Modern Art, New York – http://www.moma.org/

Grazie al montaggio che alterna abilmente le sei storie tra loro, contrariamente al romanzo che ha una struttura circolare, i registi hanno evitato il rischio di produrre un film troppo lento e lineare. Il risultato visivo è grandemente spettacolare e l’impronta della regia è inconfondibile, specie nella presentazione della città futuristica abitata dai cloni schiavi, e in cui è in atto una rivolta da parte dell’Unione, un gruppo di partigiani molto simili nell’aspetto ai ribelli di Matrix.

Quello che nel romanzo non è sempre chiaro, non essendo esplicitato nel testo e mancando il dato visivo, è il collegamento nelle rinascite dei personaggi, che nel film viene risolto utilizzando gli stessi attori per vari ruoli (e può darsi che alcuni collegamenti siano stati decisi dai registi e dagli sceneggiatori stessi, essendo così labili nel romanzo). Però, se da una parte l’intento di far chiarezza è raggiunto, dall’altra si arriva al limite del trash con Hugo Weaving (il feroce agente Smith di Matrix, ricordate? o anche l’ineffabile re elfo ne Il Signore degli Anelli) che veste panni sia maschili sia femminili. O con l’attrice Doona Bae dai lineamenti orientali che impersona anche una donna inglese del 1800 con tanto di efelidi e riccioli ramati. Pur apprezzando l’abilità nel trucco applicato agli attori, molti potrebbero non essere d’accordo di fronte a una scelta come questa; e io, a dirla tutta, sono una di queste persone.

Altra differenza, stavolta veniale, è aver mantenuto l’età dei personaggi, di conseguenza Zachry, l’io narrante dell’età barbarica dopo la Caduta dell’umanità, nel romanzo è un vecchio che narra delle sue vicende di ragazzino; nel film, invece, è sempre impersonato da Tom Hanks che ragazzino non è. Viene invece utilizzata con particolare enfasi la voglia a stella di cometa che alcuni personaggi hanno sul corpo, in modo che lo spettatore non abbia dubbi residui sulla loro identità.

Lo spettatore segue molto bene, dunque, l’evoluzione o l’involuzione dei personaggi grazie alle loro fisionomie, e quindi si capisce come Halle Berry sia a uno stadio evolutivo alto fin da subito (in generale tutti i personaggi femminili lo sono), mentre Hugo Weaving o Hugh Grant impersonano sempre anime di bassa lega che, vita dopo vita, continuano a compiere sempre le stesse scelte al negativo di sfruttamento e sopraffazione.

Il personaggio più interessante nel film è senza dubbio Tom Hanks, perché è il più altalenante, e se inizia come dottore in un’isola della Polinesia che raccoglie denti sulla spiaggia residui di pasti di cannibali, per venderli a Londra ai fabbricanti dentiere, e vuole avvelenare un notaio, passeggero a bordo della nave – altro personaggio al positivo – nell’ultima esistenza lo si ritrova al fianco di Halle Berry dopo aver percorso una bella evoluzione. In questo senso, rappresenta davvero l’uomo comune che, vita dopo vita, cambia a prezzo di sbagli terribili, e con grande fatica.

Cloud Atlas è un film ambizioso e che comunque regge bene nella sua portata spettacolare. Ha anche il pregio di portare alla nostra attenzione un romanzo affascinante e complesso che segna un punto di svolta a livello narrativo.

E voi, avete visto il film e magari anche letto il libro? Che cosa ne pensate?