La copertina della guida,
edita da Tigran Mets Publishing House
ISBN 978-9939-0-0346-7

Nell’accompagnare i viaggiatori alla scoperta di una terra bellissima ma poco conosciuta, l’Armenia, l’autrice di questa guida Anush Gasparyan aveva la sensazione di offrire loro un ritratto superficiale e povero, e molto simile alle classiche fotografie-cartolina. O, tutt’al più, di rifarsi a dei modelli storici e geografici che il viaggiatore poteva ricavare  da una qualsiasi guida turistica. Come rendere l’esperienza, quindi, unica, in modo da fissare nella memoria il ricordo? Come procedere, in una società sempre più legata ad immagini fruite in maniera nevrotica, stile “scatta e condividi”, di chi non si ferma mai al momento presente per goderne appieno?

Ed ecco quindi il desiderio di scrivere e tradurre tutti i miti e le leggende che Anush ha ascoltato fin da bambina, e raccontarle a sua volta ai viaggiatori. Ogni essere umano cela in sé il bambino che fu, e quindi non c’è niente di meglio che sentirsi raccontare una “bella storia”, e una storia, per giunta, che affondi le sue origini nel mito e nell’archetipo. I miti non sono fini a se stessi, ma sono strettamente intrecciati nell’anima del nostro pianeta, e del luogo da cui provengono. Essi ci aiutano ad andare oltre l’immagine che si presenta al nostro sguardo, sia essa una montagna, un lago o una foresta, per leggerla meglio, e amarla con più intensità. Georgios Kokorès, il curatore della guida, ci dice che l’amore è un viaggio infinito e che, fra tutti gli uomini, il più grande viaggiatore fu, è e sarà, l’innamorato. Prendendo a prestito una celebre frase da Il piccolo principe di Antoine de Saint-Exupéry, possiamo dire anche noi: “Ecco il mio segreto. È molto semplice: non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi.

Il viaggio d’amore per la propria terra, intrapreso attraverso storie, danze, canzoni, leggende, miti, rituali sarà quindi condiviso dalle generazioni successive, e verrà portato con sé in qualsiasi luogo si vada; e sappiamo quanto sia dolorosa e imprescindibile questa necessità d’amore per chi, come gli Armeni, abbia subito la deportazione, lo sterminio e l’esilio. Ascoltare con interesse e meraviglia significa incominciare a capire meglio un luogo, e il suo spirito, che è lo spirito immortale del nostro pianeta affacciato su un infinito di stelle.

San Gregorio Illuminatore,
patrono dell’Armenia
(257 ca. – 332 ca.)

Tra i settantasei miti e leggende raccolti in questa guida, leggeremo quindi della dea della bellezza e dell’acqua Astghik, i cui occhi balenavano come le stelle nel cielo e i cui capelli danzavano come le onde del mare, che ha tratti così simili alla nostra Venere. Leggeremo anche del dio del fuoco Vahagn, che donava alla gente della terra le scintille della sua barba fiammeggiante affinché potessero accendere i focolari domestici, che in qualche modo richiama alla mente sia Vulcano che Marte.

Leggeremo del felice connubio fra tradizioni pagane e cristiane nella festa di Vardavar, originata sia dalle vicende della dea Astghik, liberata dal Drago rapitore simbolo delle potenze tenebrose, ma anche del biblico antenato Noè. In questa festa gli innamorati si regalano rose simbolo della dea, e liberano colombe in memoria di quella che volò dopo la fine del Diluvio; non solo, si aspergono d’acqua, che li libera dalle impurità. Nella gustosa storia “Il pescatore e le stelle” leggeremo dell’uomo che, una notte, tirò in secca una rete piena di stelle, e che mise in vendita; ma poi, al poeta squattrinato che gliene chiedeva una in regalo, non diede niente, e un forte vento riportò in cielo tutte le stelle pescate. Apprendiamo anche come in Armenia nacque il primo albicocco, o il primo oleastro, o che cos’è il “lavash” che impedì a un re di morire di fame.

Ritroveremo figure antichissime ma storiche, come Semiramide la regina assira, invaghita del re armeno Ara il Bello al punto da muovere guerra al paese pur di possederlo. Faremo conoscenza con una delle figure più note e amate, cioè il patrono San Gregorio l’Illuminatore, che venne gettato in una cavità piena di serpenti per tredici anni, e ne riemerse vivo solo per guarire il re Tiridate III che ve lo aveva fatto gettare, traghettando l’Armenia al cristianesimo come primo popolo convertito alla fede di Cristo nella Storia.

Interno del monastero di Ghegard, IV secolo

Saremo incantati anche dalla menzione dei siti archeologici e artistici, di cui si narra nelle leggende, come il monastero rupestre di Ghegardavank, o il monastero di Tatev (“Che Dio mi dia le ali”) o incuriositi dal nome di Gnedank (“il monastero degli orecchini”). E saremo affascinati dalle croci di pietra poste nel cimitero medievale di Noraduz, con una datazione che varia tra il IX ed il XVII secolo. O apprenderemo che cos’era la cocciniglia: un colore derivato da alcuni insetti, che non appassisce durante i millenni e che serviva per tingere le tonache dei re orientali e degli imperatori romani, le cappe patriarcali, e anche come inchiostro rosso per scrivere e ornare preziosi manoscritti. Non da ultimo, avremo voglia di vedere con i nostri occhi il monte Ararat, sul territorio turco ma visibile dall’Armenia, dove l’arca di Noè approdò,  o la città di Yerevan capitale dell’Armenia. Attraverso i miti e le leggende, un intero mondo ci sarà restituito, come uno scrigno colmo di tesori inestimabili.

Che dire d’altro? Ringrazio sia Anush Gasparyan sia Lusine Torosyan, che mi ha portato il libro in occasione del BIT, esprimendo io il desiderio di leggere una pubblicazione utile come materiale integrativo per la mia saga sulla Prima Crociata La Colomba e i Leoni. Mi auguro che questa modesta recensione possa essere apprezzata e condivisa per far conoscere meglio l’Armenia, e instillare nel cuore il desiderio di un viaggio in quei luoghi; viaggio che mi propongo di fare io stessa il prossimo anno.

E voi, conoscete l’Armenia, in via indiretta o per esserci stati di persona? Che cosa potete dire di questa terra così affascinante e poco nota?