Incontrato un ruscello, i fuggiaschi si fermarono a bere. La principessa fece scendere Antares, si chinò ed attinse acqua con la fiasca, immerse l’orlo della gonna nell’acqua, e rinfrescò il viso suo e quello del bambino. Insieme, mangiarono un pezzo di pagnotta, poi Lyra prese a riannodare le cocche dello scialle per rimettere il bambino sulle spalle e riprendere la marcia. “Madre, sono grande, e posso camminare da solo,” protestava Antares, al che lei diceva sì, l’avrebbe fatto camminare, ma non ora, dovevano fare in fretta, e al bambino non restava altro che obbedire, entrare nello scialle, aggrapparsi al collo della madre e, da lì, guardarsi attorno, e, durante il viaggio, rimirare ora un bel tronco nodoso, ora una radura illuminata, ora un gruppo di fragole selvatiche.

The World of the Mars 
di Mikalojus Konstantinas Ciurlioni (1904-1905)
Conduceva il cavallo lentamente, Aldebaran, poiché nelle tracce che leggeva, ora qua ora là, col suo occhio esercitato di mago – nelle acque del fiume solcate di recente, nelle impronte lasciate sul sentiero, nell’odore dell’erba calpestata – ritrovava la percezione che qualcosa aveva mutato l’ordine delle cose, o, meglio, del suo personale progetto; ed anche il gruppo di armigeri rallentava l’andatura, si fermava quasi, poi riprendeva ad avanzare. E, una volta entrati nella Gola dei Volti, il Mago del Nord arrestò la cavalcatura, guardò ai suoi lati i grandi profili di roccia, gli bastò. Di colpo, diede di sprone al cavallo, e partì al galoppo alla volta del castello, imitato dagli armigeri stupefatti.


“Dove andiamo?” chiedeva Antares, stringendo le braccia attorno al collo della madre. “Andiamo da nonno Altair e nonna Mira, nel Primo Regno.” Il bambino interrogava la madre sul luogo dove stavano dirigendosi, ed ella lo accontentava, e parlava di cieli sereni, in cui le nuvole sembrano giocare a rincorrersi, di alberi smossi dal vento, in cui le foglie paiono uno sciame di grandi e verdi farfalle che battono le ali, tutte insieme, e di prati in cui i fiori sprigionano effluvi di paradiso. “E nel Castello-Musica dei nonni si dipinge, si leggono libri di favole, si canta e si danza al suono di liuti e flauti.” “Ci sono dei bambini al castello?” “Certo, e ogni giorno inventano giochi sempre diversi.” Antares era contento, e non vedeva l’ora di arrivare per conoscere i suoi nuovi amici, e partecipare ai loro giochi.

Nella stanza da letto di Antares, vuota, il Mago del Nord si volse all’entrare delle balie e dei servi, terrorizzati. “Ci disse che il bambino era ammalato,” dissero le balie, in lacrime, “e che avremmo dovuto lasciare i piatti fuori dalla porta della stanza. Li avrebbe ritirati se il bambino avesse avuto fa,e. E non avremmo dovuto entrare nella stanza per nessun motivo.” Accanto a loro, i servi tremavano in ugual misura. “A noi comandò di stendere uno strato d’erba fresca nella corte, fino ad arrivare alle scuderie, poiché il rumore degli zoccoli dei cavalli ed il fracasso delle ruote dei carri avrebbe potuto dar noia al bambino,” dissero i servi, tremando.

Era tempo di usare il Pugnale, ora che si trovavano quasi al confine ed erano abbastanza lontani per non attirare, con un’operazione magica, l’attenzione di Aldebaran. Accoccolata in terra, la principessa trasse dalla sacca il Pugnale di Regolo, mostrò lo zaffiro chiarissimo ad Antares, che la guardava con occhi sgranati; posò a terra l’arma, delicatamente, radunò alcuni rametti secchi, s’accovacciò, estrasse l’acciarino e ne fece scaturire una scintilla, che accese i rami . Dopo alcuni istanti, un nuovo fuoco nasceva, dapprima piccolo, poi gaio e vivace. Allora, la principessa prese il Pugnale Magico con entrambe le mani, e inserì la lama nella fiamma. Chiudendo gli occhi, chiamò Regolo.

News di Mikalojus Konstantinas Ciurlionis (1905)


In quel
mentre, Aldebaran, Mago del Nord, s’affacciò alla finestra, rivolta a
meridione, della Torre della Magia, alzò le braccia dalle lunghe maniche
fluttuanti, congiunse le mani e le sollevò verso il cielo. La sua immagine
sbiadì, come una figura riflessa in un fiume, cambiò colore fino a diventare
violetta, infine nera. Il corpo si allungò smisuratamente, le maniche
dell’abito si rizzarono e si allargarono, le estremità si assottigliarono. Di
colpo Aldebaran rimpicciolì e s’oscurò, parve svanire. Uno stridio acuto lacerò
l’aria: dove prima era il Mago del Nord, una bruna aquila reale si levò in
volo, verso il meridione.