Sonata del Sole – Andante di Mikalojus Konstantinas Ciurlionis (1907) |
Sconsolata, Lyra guardò il punto di congiunzione dei Quattro Regni, o Fossa del Drago: un’enorme voragine, larga circa un miglio, aperta sul nulla. Aveva sbagliato strada, deviando troppo verso ovest, e ora avrebbe dovuto costeggiare la voragine andando a sinistra, per circa mezzo miglio, e quindi percorrere altra strada che le avrebbe fatto perdere tempo prezioso.
“Che cos’è?” chiese Antares, facendo capolino alle sue spalle, e alla voce del figlio ella si riscosse. “Si chiama Fossa del Drago,” rispose. “Ricordi la storia? In questo luogo, all’inizio dei Regni, quando ancora gli Gnomi vivevano all’aria aperta, e la gente conversava con le Ondine dei fiumi, un enorme drago, l’ultimo della sua specie, vinto da un eroe, precipitò del cielo aprendo l’immensa voragine. Alcuni dicono,” aggiunse, “che il fragoroso silenzio della Fossa sia in realtà il sordo brontolio dell’animale, chiuso nelle viscere della terra.” Dall’abisso, infatti, si udiva il silenzio, ma come se fosse un rumore assordante, di cascata o di tuono, e non qualcosa in cui ogni suono viene inghiottito, e s’annulla. “Andiamo, ora,” disse Lyra, riscuotendosi, “dobbiamo costeggiare la Fossa per arrivare fino al confine”.
L’aquila bruna volteggiò in cielo, ispezionando le foreste, fino ad arrivare alla Fossa del Drago. Là, il suo acuto occhio di rapace avvistò una sagoma familiare – con una, altrettanto familiare, sulla schiena – e l’uccello calò e si posò sulla sommità d’una roccia che s’affacciava sulla voragine e, là, esso si tramutò, e tornò ad essere l’alta, cupa figura del Mago del Nord, stagliata contro il cielo.
quel mentre, la principessa Lyra volse la testa nella sua direzione, riconobbe
Aldebaran che si ergeva sulla sommità di una roccia. Indossava il suo mantello di mago, e aveva la bacchetta magica levata. Rimase paralizzata, come un topo alla vista di un serpente, e per un attimo le sue gambe si rifiutarono di muoversi. In quel silenzio, si udì la voce dell’uomo: “Lyra, dammi il bambino.” La donna sentì le braccia del figlio stringersi attorno al suo collo, e la voce di Antares mormorare: “Padre…” come se fosse stato, ancora una volta, ripreso dal consueto fascino emanato dalla figura paterna. “No!” gridò la donna. “Dammi il bambino, e ti prometto che potrai tornare alle tue terre, libera,” seguitò il Mago del Nord. “Non ti darò mio figlio! Mai!” e, rivolta ad Antares: “Reggiti bene,” ordinò, e incominciò a correre, perdutamente.
Sonata delle Stelle – Andante di Mikalojus Konstantinas Ciurlionis (1908) |
Aldebaran alzò la sottile verga magica, una luce ultraterrena si
accese in una nuvola del cielo e, quasi fosse stata calamitata dall’estremità
della bacchetta, si diresse verso la punta e là si raccolse. Egli abbassò la
verga e la luce saettò verso i fuggiaschi. Bruscamente, Lyra deviò verso la
voragine: la luce le passò accanto, volando come l’ala rapidissima d’un
uccello, abbagliante come la folgore d’un temporale, e si spense nell’aria; ma lei aveva sentito che quella luce si muoveva come un artiglio, un artiglio che, per un
attimo, aveva abbrancato Antares e, per un attimo, glielo aveva strappato dalle spalle. Il Mago del Nord alzò ancora
la bacchetta magica, con calma suprema…
Allora, vistasi perduta, Lyra corse,
reggendo il bambino, verso la voragine. Esitò solo un attimo quando si trovò
sull’orlo; poi fece due passi e, senza un grido, si gettò nel vuoto e scomparve
insieme al figlio.