Scherzo (Sonata del Sole)
di Mikalojus Konstantinas Ciurlionis (1907)

Irrequieta, la principessa Lyra lasciò a metà il ricamo, s’alzò dallo scranno e andò a guardare fuori dalla finestra. Il sole splendeva sul Castello-Magia di Aldebaran, e l’ornava come per una festa: dalle rade, bianche nuvole la luce scendeva in raggi, s’annodava agli spalti, s’intrecciava fra le torri del castello. Apriva grandi macchie gialle sui muri, accendeva il fogliame dell’edera secolare e gli occhi dei mostri di pietra. Si posava sul torrentello bizzoso, lo faceva balzare e spruzzar acqua color dell’oro zecchino, accecante per il suo riverbero. Tutti, anche le rondini che garrivano e le lucertole che si scaldavano al sole, sembravano prepararsi per l’imminente solstizio d’estate, e chiunque nei territori del Nord e nel regno avrebbe festeggiato il sesto compleanno del principe Antares.

Ma il tempo della spensieratezza era finito, e la giovane madre non aveva più avuto un solo istante di pace da quando aveva udito, inavvertita, i due Oscuri Gemelli discorrere di futuri, terribili progetti che riguardavano Antares e rituali di magia nera. Anche lei si trovava in grave pericolo, e lo sguardo bramoso del re aveva affollato le sue notti insonni. Così quella giornata a dir poco radiosa, degna del Regno dei Mistici, che sfolgorava sotto i suoi occhi, non aveva il potere di consolarla.


I Mistici… “Usalo per chiamarmi, se tu avessi mai bisogno di soccorso. È un oggetto magico. Scaldane la lama alla fiamma, ed io arriverò.” Dopo aver richiamato il ricordo grazie alla luce esterna, e alla sua interna desolazione, Lyra, d’un tratto, si ricordò di Regolo, e del pugnale ch’egli le aveva regalato, il giorno delle sue nozze. Erano passati più di sei anni… dove l’aveva messo? Attraversò la stanza, si diede ad aprire, uno dopo l’altro, bauli, cassapanche e cassetti, affannosamente, ed infine, avvolto nelle pieghe d’un fazzoletto ricamato, e quasi dimenticato in fondo ad un baule, lo trovò. Andò di nuovo alla finestra e se lo rigirò fra le dita: era un pugnale corto, di fattura modesta e senza decorazioni, ma, alla luce splendente, due zaffiri celesti, puri e lucenti come occhi di Silfidi, presero a brillare, quasi avessero riconosciuto in lei una dolce amica perduta.

Anche la principessa ricambiò quello sguardo, poi riavvolse il pugnale nel fazzoletto e lo pose nel baule, sicura, stavolta, di trovarlo in caso di necessità. Tornò a sedersi, con il cuore che, lentamente, placava i suoi battiti. Infine, tirò un lungo, lungo respiro. Sì, avrebbe risvegliato la magia della lama al fuoco del camino, al momento propizio. Riprese a ricamare e, insieme al fruscio dell’ago nella stoffa, il ronzio della mente cominciò a formare un piano.

***

Il Mago del Nord entrò nella stanza del figlio, e lo trovò intento a giocare in compagnia d’una giovanissima serva. Marionette di legno erano disseminate sul pavimento, ed essi li avevano disposti alla maniera di due eserciti che si fronteggiano, e, a turno, afferravano una di quelle marionette, la rizzavano in piedi e la muovevano incontro ad un avversario, anch’egli, di colpo, resuscitato da una morte apparente. Là, seguiva una rapida scaramuccia, ed uno dei due contendenti rimaneva al suolo, finalmente morto.

Amicizia di Mikalojus Konstantinas Ciurlionis (1906)
All’entrata di Aldebaran, essi si volsero. La stanza, poco prima invasa dalla luce, s’era oscurata, e sui due eserciti era scesa un’ombra fredda. “Vai pure. M’occuperò io di lui,” disse il principe dei Crudeli alla fanciulla. Dopo aver fatto una riverenza, ella uscì sollecita dalla stanza, ed Aldebaran rimase solo col bambino. Antares si alzò dal pavimento, dov’era disteso pancia a terra a muovere i suoi eserciti, poi guardò il padre da sotto in su, come uno che guarda una parete di roccia in cima alla quale è scolpito il volto d’un gigante.

“Padre,” chiamò, dolcemente. Dai fianchi di quella vetta, due lunghe braccia si protesero, ed egli fu afferrato ed innalzato ad altezze vertiginose, fino a quando il suo viso non si trovò accanto al volto che pochi istanti prima l’aveva guardato, dall’alto. La sua mano, quella con la cicatrice, aprendosi sulla spalla del padre, rimase impigliata tra i lunghi capelli corvini di Aldebaran. Era la prima volta che il padre lo prendeva in braccio ed egli ne fu stupito. 

Il suo stupore non durò a lungo. “Ed ora, Antares,” gli disse il Mago del Nord, ponendo l’indice della mano sinistra sulla radice del naso, e facendolo scivolare fino alla punta, e col sorriso del gatto che sta per ingoiare il topo, “tu ed io faremo un nuovo gioco”.