Vi ricordate dei primi eroi letterari, quelli che ci facevano battere il cuore ad ogni loro apparizione sulla pagina? Non c’è alcun dubbio che, qualsiasi cosa noi scriviamo, o
amiamo leggere, siamo stati fortemente, e direi piacevolmente, condizionati
dalle nostre prime letture infantili. Io stessa ritrovo nei miei romanzi storici molti temi e figure che mi erano cari all’epoca. Ora, non è dato sapere che cosa abbia influenzato
chi, o se quel “chi” (lo scrittore) abbia invece scelto determinate letture
come più affini al suo spirito e le abbia usate di conseguenza. Certo è che, ripercorrendo
quello che mi generava più emozioni, posso trarne delle conclusioni scegliendo tre titoli, in una sorta di amarcord letterario che rivela la mia vetusta età: mezzo secolo
di vita!

Capitan Tempesta di
Emilio Salgari (1905), Edizioni Paoline
Premessa doverosa a questo primo romanzo è che, come
lettrice di romanzi d’avventura, ero di stretta osservanza salgariana, per
usare un termine fastidioso che la politica oggi deriva dai riti religiosi.
Appartenevo dunque alla schiera dei piccoli devoti all’immaginifico scrittore
piemontese, e non a quelli che prediligevano il rigore scientifico di Jules
Verne. I suoi pirati malesi con il kriss fra i denti all’assalto delle navi, i
suoi corsari con i cappelli piumati intravisti nel balenio delle tempeste, gli
inseguimenti nelle giungle pullulanti di belve feroci e serpenti velenosissimi,
gli assalti alle mura di cittadelle imprendibili, le sette di strangolatori dediti
a misteriosi riti, avevano il potere di trasportarmi anima e corpo in
un mondo coloratissimo, febbricitante, formidabile (per usare un termine tanto
caro allo stesso Salgari). Parte del fascino di Salgari erano, stranamente,
anche le digressioni che inseriva per spiegare un fiore, un animale o un ambiente
naturale e che presentava in maniera del tutto disinvolta e nelle situazioni
più improbabili. Celebri sono i cicli dei Pirati della Malesia, del Corsaro
Nero e anche quello delle Filippine, su cui quindi non scriverò nulla. 
Vi
presento invece il romanzo intitolato Capitan
Tempesta
, ambientato durante l’assedio alla città di Famagosta ai tempi della
Repubblica di Venezia, ad opera degli Ottomani e che durò dal 22 agosto 1570 al
4 agosto 1571. Protagonista del romanzo è Eleonora duchessa di Eboli, che,
travestita da uomo, combatte contro i turchi ed è alla ricerca del fidanzato,
il visconte Le Hussière, caduto nelle mani dei turchi. Ecco la descrizione di
Eleonora, che vi potrà anche far sorridere perché il linguaggio è certamente
datato: “Era un giovane bellissimo, anzi troppo bello per essere un guerriero, un po’ alto, snello, di forme eleganti, con due occhi nerissimi che parevano due carbonchi, una bocca da fanciulla con dei dentini superbi, la pelle leggermente bruna che tradiva il tipo meridionale e la capigliatura lunga e corvina. Nell’insieme sembrava più una graziosissima fanciulla che un capitano di ventura.” A
conoscenza del suo segreto sono pochi amici, ma anche l’infido capitano polacco
Laczinki che, innamorato di lei, sospetta quale sia il suo vero sesso e intende
smascherarla. La fanciulla sfida all’arma bianca il campione dei turchi, soprannominato
il Leone di Damasco, sotto le mura della città e lo sconfigge. Proprio con il
suo aiuto Eleonora, ferita, riesce a scappare dalla città ormai arresasi ai
turchi e, di avventura in avventura, e spezzando cuori maschili e femminili al
suo passaggio, finisce per innamorarsi proprio del Leone di Damasco a cui
legherà le sue sorti dopo la morte del fidanzato ad opera del viscido Laczinki.
Il romanzo è orchestrato a meraviglia, e mischia bene Storia
e invenzione narrativa, con colpi di scena, scambi d’identità, forti passioni, persino ambiguità sessuali e presenta il conflitto che oppone due mondi, quello
cristiano e quello musulmano nel loro eterno incontro-scontro.

Il tamburino della rivoluzione di Deda Pini (1968), AMZ
La rivoluzione è, naturalmente, la Rivoluzione Francese del
1789 e protagonista immaginario del romanzo è il monello parigino Friquet che
ha come sola ricchezza un tamburo. Il bambino è un orfano ed è stato adottato
dalla zia stiratrice e sogna quindi cibo abbondante e un vero letto al posto
del pagliericcio steso in terra sotto la tavola da stiro. Un vicino ciabattino
ma erudito filosofo, soprannominato papà Rousseau, gli insegna tutto quello che
sa e a considerare gli avvenimenti in un’ottica diversa da quella del comune
sentire. Il vero punto di svolta nella vita di Friquet, però, è determinato dall’incontro con il giornalista Camille Desmoulins, l’agitatore di folle il cui verbo infiammato porta alla sollevazione popolare e alla presa della Bastiglia. Da questo momento in poi, il bambino diviene così il tamburino della Rivoluzione, frequenta il rivoluzionario Club dei Cordelieri, vende il giornale di Camille, porta i messaggi segreti di Georges Danton, è presente alla cerimonia di nozze di Camille con Lucile Duplessis, conosce il deputato Maximilien Robespierre compagno di collegio dell’amico.
Attraverso i suoi occhi infantili, e anche quindi gli occhi dei piccoli lettori, la Rivoluzione compie tutta la sua tumultuosa, sanguinosa cavalcata fino a culminare nell’arresto e della condanna a morte dei dantonisti, fra cui l’amico giornalista, e poi della moglie di lui, Lucile: “Le portarono tanti
fiori. Erano riusciti a trovarne anche mamma Mariona, anche papà Rousseau.
Video che se li era appuntati sul vestito bianco, che se li era messi sul pizzo
che le copriva i capelli tagliati corti, che ne portava un mazzo in mano.
Pareva una sposa che andasse all’altare. La salutarono sventolando fazzoletti
bianchi perché li vedesse fino in ultimo.
” 
La perdita terribile dei suoi
amici farà brutalmente maturare Friquet e lo renderà consapevole della crudeltà
della Storia, spegnendo in lui ogni gioia di vivere. Spetterà a Fréron, amico della
coppia Desmoulins, rovesciare Robespierre nella congiura di Termidoro, per
contribuire a reinserire il bambino nella vita e riaccendere in lui l’ideale rivoluzionario.

Le illustrazioni sono di Luigi d’Antonio

Anche qui, l’autrice mescola abilmente figure storiche realmente
esistite con altre di pura invenzione, ma rappresentative a pieno titolo del
popolo francese, e attraverso un linguaggio semplice e scorrevole facilita la
conoscenza con un mondo in pieno fermento egualitario, con le prime voci libere,
i giornali freschi di stampa, le nuove idee illuministiche, la politica, in uno
dei periodi più terribili e complessi della Storia. Grazie anche a libri come
questo mi sono accostata alla Storia, scoprendo un evento che mi ha fatto
innamorare di sé, la Rivoluzione Francese, ma anche personaggi poco conosciuti
come Camille Desmoulins e la moglie Lucile, che sono diventati addirittura
protagonisti di un mio pezzo teatrale (Il
Canarino
).


Dorilena di Olga
Visentini (1958), La Sorgente

Anche se una data non compare mai nel romanzo, è
certamente ambientato nel 610 d.C. cioè nel periodo della prima predicazione di
Maometto, che difatti compare nella narrazione. Scopo dell’autrice, però, non è
quella di introdurre il lettore in un periodo storico così particolare e anche impegnativo, ma
piuttosto quello di narrare le vicende del piccolo Ali, un bambino di undici
anni che vive presso una tribù di allevatori di cavalli. Egli ha come unico
confidente il cavallino Eblis, il cui nome significa Aladivento e progenie del
purosangue Shaitan (il nome arabo di Satana). Sia il bambino che il puledro hanno un grave difetto: Ali è uno schiavo orfano dagli occhi azzurri, il cavallino è zoppo. Per questo motivo l’animale
rischia di essere abbattuto, e il bambino fugge con lui per salvarlo. Un
giorno, il fanciullo si introduce in un giardino per sfamarsi e, là, incontra
una misteriosa signora di nome Cadigia, che lo prende sotto la sua protezione e lo incarica di una prima missione, cioè portare una pietra
preziosa a Gedda. 
Arrivato alla città marinara, nel suo girovagare egli s’imbatte in una fanciulla, Dorilena:“Cadigia gli
aveva dato il senso della bellezza, ma quella sconosciuta gli suscitava l’idea
del sogno: forse si sarebbe dileguata se egli avesse detto una sola parola”
.
La fanciulla è in viaggio con il padre, mercante a bordo di una nave, e il suo
precettore, lungo le coste dell’Arabia. L’amicizia nasce tra loro immediata ed
istintiva, sebbene per quasi metà del romanzo essi incrocino e allontanino le loro strade, fino
a quando il ragazzino e il suo cavallo non entrano a far parte, stabilmente,
dell’equipaggio della nave. Là, Ali s’affeziona in modo particolare ad Alessandro
Romano, il precettore di Dorilena, un uomo che racchiude un grande dolore dentro di sé: molti anni prima la moglie era stata uccisa durante un’incursione di predoni e
il figlio Lorenzo rapito quand’era appena nato. Ora egli vaga per quei territori alla ricerca del
bambino, di cui non ha più saputo nulla. Naturalmente Ali è proprio il figlio
di Alessandro, ma si giungerà al riconoscimento definitivo dopo molte avventure,
incontri e pericoli di ogni sorta… in cui la verità pare sempre a portata di mano, e sempre si allontana come le strade carovaniere percorse nel romanzo.

Dorilena è un
romanzo che oserei definire magico, per certi versi immerso nel sogno sia per
gli scenari che per la crescita interiore dei personaggi. La stessa protagonista, Dorilena, cova un grande rancore per la morte della mamma malata, nonostante le sue preghiere, e proprio aiutando padre e figlio nel ricongiungimento imparerà il valore dell’amicizia e il superamento di sé. Titoli di capitolo
come “La fanciulla del mare”, “La canzone del cavallo”, “Tra le rose”, “Il
canterino”, “Gli occhi azzurri” rendono bene la misura di una storia che
profuma di gelsomino, di mare, di sabbia arroventata, di disperazione e dolcezza. Come nella chiusa: “Alessandro Romano non guardò che suo
figlio perdutamente. Dorilena sentì che nell’aria passava e ripassava qualcosa
della luce e dell’olezzo del ‘candido fiore’.”

***

Tirando le fila del discorso attraverso questi tre romanzi,
i temi che posso ritrovare come ricorrenti anche nei miei sono: la Storia come
sfondo ideale per ambientare delle narrazioni, l’ambiguità dell’androgino,
l’amore straziante tra nemici, il conflitto tra culture diverse, il malvagio in un racconto (la cosiddetta “anima nera”), l’orfano, la ricerca tra padre e figlio, il destino come qualcosa di
ineluttabile.

Sarei curiosa di sapere quali sono stati i vostri
primi amori letterari. Ci sono dei temi che ritrovate persino ora che scrivete
come adulti? O figure che, da lettori cresciuti, ancora vi trasmettono emozioni?