Il romanzo I delitti della Primavera di Stella Stollo è uscito il giorno 11 aprile ed è ora disponibile presso il sito della casa editrice Graphofeel. In questi giorni ho avuto non solo il piacere di conoscere Stella personalmente e di bere con lei un caffè non solo virtuale! ma di farle un’intervista a proposito del romanzo, focalizzandomi sulla storia amorosa che intercorre fra i tre personaggi principali – Sandro, Simonetta e Filippino. Abbiamo voluto condurre l’intervista in modo giocoso… infatti si è conclusa con un vero e proprio indovinello per voi lettori! Leggete per credere…

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Ritratto postumo di Simonetta Vespucci
di Sandro Botticelli (1470-1480 circa)
Gemäldegalerie – Berlino
http://www.smb.museum/home.html
I: Stella, come sai ho avuto il privilegio di leggere il manoscritto in gestazione e darti qualche consiglio. Al di là dell’indiscutibile qualità della tua scrittura, e della bellezza dell’ambientazione storica e artistica, mi ha colpito molto il legame che c’è non solo tra Sandro e Simonetta, ma anche tra il Maestro e il suo allievo Filippino. Quello che risalta in questo triangolo amoroso non è unicamente il trasporto dei sensi, ma la profonda comunione spirituale che c’è tra loro. Mi sembra che Sandro e Simonetta non siano completi l’uno senza l’altra, ma che non lo siano nemmeno quando manca Filippino. Che cosa pensi della mia interpretazione?


S: La tua vicinanza in fase di stesura mi è stata doppiamente preziosa: dal punto di vista del confronto tecnico-letterario e dal punto di vista affettivo. È straordinario avere qualcuno che comprende e condivide situazioni ed emozioni proprio mentre le stai trascrivendo sulla carta. Penso che tu abbia colto il senso del legame tra Filippino, Sandro e Simonetta. Si tratta proprio di un triangolo “equilatero”: ognuno dei tre personaggi gioca un ruolo ugualmente determinante nel ricreare l’estrema perfezione della figura; sono i tre vertici attraverso cui circola l’energia infinita ed eterna dell’amore. Se ad una prima occhiata possono risultare più espliciti sia l’intensità del rapporto tra Filippino e il suo Maestro sia la complicità amorosa tra Sandro e Simonetta, tuttavia ci sono momenti in cui viene mostrata anche tra Filippino e la giovane donna una vivace attrazione dell’intelletto e dei corpi. In realtà nessuna delle tre coppie che si possono creare risulta completa.

I: Sia a livello letterario che a livello teologico oppure esoterico, il tre è sempre il numero perfetto! L’uno rappresenta l’unità, ma anche la solitudine, il due la coppia e lo scambio binario, ma nel tre c’è “l’altro, e che questo “altro” generato sia Sandro, Simonetta o Filippino, in fondo ha poca importanza. Vorrei chiederti ora di come hai modellato nella tua mente l’immagine fisica dei tre personaggi. Non parlo tanto degli autoritratti o dei ritratti che pure esistono, quanto di come siano nati e cresciuti nella tua particolare costruzione.


S: In effetti ho passato talmente tanto tempo a conversare con i miei personaggi che di essi mi sono fatta rappresentazioni mentali molto nitide. Filippino è un giovane dalla bellezza leggiadra e angelica. Ha delle mani bellissime che attirano lo sguardo con le loro movenze aggraziate, riccioli composti e ordinati gli sfiorano le spalle. Elegante, estremamente curato nell’abbigliamento e ricercato nel linguaggio, dal suo sguardo trapela una vena malinconica e un tantino snob: un aristocratico dandy, insomma, dall’aspetto più inglese che toscano.


Sandro Botticelli (presunto autoritratto)
da L’Adorazione dei Magi (1475 circa)
Galleria degli Uffizi – Firenze
http://www.polomuseale.firenze.it/musei/?m=uffizi

Molto toscano è invece Sandro Botticelli, dal fascino tenebroso e scapigliato, il ciuffo ribelle sugli occhi vivaci e penetranti. Somiglia molto ad Amedeo Modigliani. Quando parla, la voce profonda e un po’ roca accresce la sensualità delle sue labbra che si muovono. Ride spesso, di una risata schietta e contagiosa. Si veste preferibilmente con calzamaglia nera e camicione bianco da “pittore”.

E Simonetta? Di lei colpiscono gli occhi chiarissimi e la meravigliosa chioma fiammeggiante. Sì, è rossa come rosse sono le muse per eccellenza degli artisti (da Tiziano a Renoir, a Klimt, ai Preraffaelliti e a tanti altri). Rossa come mi sono sempre immaginata le bellissime dei miti e della Storia: Lilith, Maria Maddalena, Elena di Troia. È una bellezza speciale che esprime coraggio, intelligenza e determinazione.

I: Dopo aver parlato del legame profondo che c’è tra loro e dell’aspetto fisico, reale o immaginato, proverei a parlare un poco della loro interiorità, visto che ormai li conosci bene, proprio come se fossero creature viventi (e non dubito che lo siano ancora, in qualche modo a noi ignoto). Che cosa faceva più soffrire i tuoi Sandro, Simonetta o Filippino, nel tempo in cui vissero? E che cosa li faceva più gioire?


S: Ahi, il gioco si fa sempre più stuzzicante! Ma ci tengo a ricordare a chi legge che il nostro è, appunto, solo un gioco…Risponderò, come alla precedente domanda, facendo appello unicamente a quel’immaginazione che mi ha spinto a vederli in un certo modo, sia nell’aspetto fisico che interiormente.

Dietro il carattere gioviale di Sandro, dietro il suo sorriso affabile e spesso scherzoso, si nasconde un sottile tormento e una irrequietezza che non lo abbandonano mai. Le contraddizioni percepite nel suo animo sono molto forti. In bilico tra il vagheggiamento dei valori estetici del passato e l’anelito a un futuro di maggiore equità sociale e di preponderante ruolo dell’Arte, si sente sempre “fuori tempo”. Consapevole del contrasto tra le proprie modeste condizioni di origine e lo sfarzo degli ambienti che si ritrova a frequentare grazie al suo crescente prestigio, si sente sempre “fuori luogo”. Profondamente ambizioso, soffre perché un pittore viene da molti considerato poco più che un artigiano, perché non gli viene riconosciuta la stessa dignità intellettuale di un poeta o un letterato. Gode nel ritrovarsi, quasi un loro pari, alla stessa tavola con i potenti della città. È felice di arricchirsi con la propria Arte, ma allo stesso tempo disprezza gli arricchiti ignoranti e prova un acuto dolore nel cedere, per soldi, le sue opere a certi committenti.


Autoritratto di Filippino Lippi (1481-82)
Santa Maria del Carmine –
Cappella Brancacci – Firenze

Simonetta e Filippino soffrono entrambi per le convenzioni sociali, per l’abitudine ai matrimoni combinati, per l’impossibilità di vivere il proprio amore alla luce del sole. Sognano un mondo in cui l’Amore e “le semplici e giuste leggi della natura” trionfino sopra ogni cosa, e le persone che si amano, uomini o donne, siano libere di scegliersi al di là di ogni contratto o convenienza.

Simonetta è felice di venire “immortalata” dall’arte del suo amato. Non è vanitosa; neppure si riconosce nelle splendide donne che egli dipinge, ma gode del fatto che egli la veda così perfetta, attraverso gli occhi dell’Amore. E quelle mani che plasmano le sue forme ideali le sente su di sé, come accarezzassero realmente il suo corpo.

Filippino gioisce interamente del suo lavoro in tutte la fasi, da quella preparatoria a quella più artistica. Come un vero alchimista sperimenta pazientemente le formule scritte nei trattati di pittura: mescola, toglie, aggiunge, cercando tinte sempre nuove e in grado di rendere le sfumature della vita e dei sentimenti. Perché il mondo è fatto di molteplici sfumature e sarebbe cosa ingrata non coglierle tutte.

I: Ci sarebbe così tanto di cui parlare in questo romanzo! Ma occorre rimanere sul pezzo, come si dice in gergo, per cui vorrei farti un’ultima domanda per concludere bene l’intervista su queste tre creature così affascinanti. Abbiamo parlato di loro comunque al passato, sia in termini storici che di fantasia… Ma se oggi, in virtù di qualche strana magia o legge di rinascita, Sandro, Simonetta e Filippino dovessero essere qui, nel nostro tempo, come immagineresti la loro vita? Ad esempio, quale professione potrebbero svolgere? E, secondo te, prima o poi sarebbero destinati ad incontrarsi?

S: Certo! Non ho dubbi sul loro incontro anche nel nostro tempo e sul fatto che siano diventati ottimi amici. Anzi, sono stati così gentili da passare sul tuo blog per presentarsi e parlare personalmente della loro professione e delle loro passioni. Propongo un gioco a te e ai tuoi lettori: provate a indovinare l’identità celata in ognuna delle presentazioni!

1. Salve! Vivo a Milano e sono un architetto di giardini. Viaggio in tutta Italia per provvedere alla sistemazione di giardini privati, ma anche di parchi e viali per gli enti pubblici. Non è un mestiere facile, soprattutto se si considera il giardino come un’anima. Così come l’anima che ci viene data alla nascita va coltivata e forgiata, allo stesso modo un pezzo di terra per diventare giardino necessita di amore, attenzione, bellezza ed esperienza, vale a dire di un duro lavoro. È necessario analizzare la situazione ambientale e climatica e saper scegliere le vegetazioni adatte al terreno. Dal punto di vista estetico bisogna saper fare gli opportuni e armonici accostamenti, tenendo conto del colore e dei tempi di fioritura. Il giardino-anima per eccellenza? Ma è ovvio: quello dipinto su L’allegoria della Primavera! Di fronte a tanta armonia appaghiamo la nostra ancestrale brama di un mondo perduto o, al contrario, ancora da scoprire.

2. Io invece vengo da Casablanca, ho studiato a Parigi e lavoro nel campo della moda. Giro il mondo come fotoreporter. Vi affascina il mio mestiere? Allora vi dico subito che occorre una grande sensibilità estetica di base, una profonda formazione culturale e una conoscenza dei contesti sociali e dei linguaggi in evoluzione. Non si tratta solo di realizzare belle immagini pubblicitarie, ma di comunicare alla società concetti e messaggi complessi e di farsi interprete dei cambiamenti che in essa avvengono. Nelle mie foto uso la luce come certi maestri di pittura del Rinascimento italiano. Quando scatto, a volte mi capita di usare movimenti rapidi per sfumare e ombreggiare le figure: tutto diventa vago e incerto e induce alla pacata riflessione. Ma prediligo decisamente gli stacchi decisi tra buio e luce e figure dai contorni netti che scuotono e risvegliano. 

3. Abito in Toscana e per sopravvivere insegno latino e greco in un liceo. Per vivere, invece, dipingo. No, non traete subito le vostre conclusioni: non pensate che mi dedichi alla pittura di paesaggio solo per il fatto che vivo nella mia regione; io sono astrattista! Avete ragione, se mi rassegnassi a ritrarre colline con filari di cipressi o prati fioriti da vendere ai turisti, forse potrei campicchiare della mia Arte e non avrei bisogno di fare l’insegnante. Non è che la natura non mi piaccia, ma non ho mai compreso il piacere di tenere attaccata al muro una copia di un prato di papaveri o di girasoli. Molto meglio farsi una bella passeggiata nel prato originale! Quanto a me, non mi rivolgo a chi cerca nell’Arte la pura e semplice realtà visibile. Anche perché, dice la scienza, ciò che percepisce la nostra vista costituisce solo un quattro per cento dell’esistente: perché dovrei rassegnarmi a dipingere un mondo così incompleto? Preferisco usare il mio occhio interiore e dedicarmi all’illustrazione dei sentimenti e delle passioni.

Stella Stollo, autrice de I delitti della Primavera,
edito da Graphofeel http://graphofeel.com/

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Sulla base di quanto ci hanno detto Stella e i personaggi stessi, avete indovinato quale professione potrebbero svolgere oggi i tre protagonisti de I delitti della Primavera

Aspetto le vostre ipotesi e, su questo, ringrazio l’autrice e mi congedo da voi consigliando la lettura di questo bellissimo romanzo. Alla prossima!