Avvolta dalla notte come un pilastro da un drappo luttuoso, era la Torre della Magia, ed in essa Aldebaran entrò, attraversò la stanza, sedette sul trono di pietra, levò il cappuccio del mantello e s’immerse nell’oscurità. Sul pavimento della stanza, tutt’attorno a lui era il doppio Cerchio Magico. La luna, dalla punta mozza del tetto, spandeva la sua bianca luce all’interno ed illuminava i Cerchi.

The angel (1905) di
Mikalojus Konstantinas Ciurlionis
Aperto su un leggio di legno, posto davanti al seggio di Aldebaran, era un antico volume dalla copertina scarlatta, e nell’oscurità il suo colore rosso spiccava come una rosa sanguinante in un pozzo. Ogni pagina aveva bordi smangiati e macchiati d’umidità, ma i caratteri spiccavano netti quasi fossero stati appena vergati, e le figure miniate, di color nero, grigio e verde, tutte raffiguranti demoni, serpi ed altre orride creature, sembravano sul punto di balzar fuori per mettersi a volare, a sibilare, a gracidare nell’aria immota della Torre, oppure andare a tener compagnia all’altra serie di fantastiche ed inquietanti creature che ornavano il leggio, dal piede d’appoggio ai bordi del piano inclinato. Il leggio era, infatti, riccamente adorno di figure in legno intrecciate: busti d’uomini con zampe d’insetto o viceversa, pesci con gambe umane, grovigli di membra e teste, dannati che si torcevano con la bocca spalancata, angeli della morte dai visi tristi, code di serpenti o lucertole, rospi che s’arrampicavano a balzelloni.

Il Mago del Nord s’alzò dal trono di pietra e pose la mano sinistra sulla pagina del volume, facendo l’atto di sollevare la bacchetta magica. Tutto era pronto: il luogo era stato purificato e i rituali compiuti. Poi i ricordi presero il sopravvento ed egli decise di sedersi e ritardare ancora la sua opera di magia – del resto, non aveva dovuto attendere anni? – per riandare con la memoria al principio di tutto e a ciò che ne era seguito. Qualcosa d’insolito era, infatti, accaduto il giorno del loro primo compleanno, suo e di Fomalhaut, ed era come se, malgrado la tenerissima età, esso gli avesse lasciato un’impronta nitida ed incancellabile.


***

Due balie raccontano alla regina dei Crudeli, madre dei gemelli, di come Fomalhaut si sia graffiato il viso nel gioco e di come Aldebaran che, invece, dormiva tranquillo nella stanza accanto, si sia svegliato con un’identica scorticatura sulla gota. Ora, i due gemelli sono seduti sul pavimento della stanza da letto, e si guardano con aria attonita. “Convocate il re,” ordina la regina alle guardie fuori dalla stanza. Qualche istante dopo, entra il re; i due sovrani conversano, sottovoce, poi egli, senza indugi, scopre le braccia dei suoi figli, estrae un corto pugnale da un fodero appeso alla cintura, ed apre un taglio ricurvo sul braccio destro di Aldebaran, che chiude gli occhi e stringe i denti per non piangere. Contemporaneamente, sul medesimo braccio, a Fomalhaut s’apre una ferita, del tutto uguale in aspetto e profondità, ed il bambino lancia un urlo ed inizia a strepitare, furente. Entrambi i sovrani rimirano lo straordinario fenomeno senza dir parola. Poi, mentre le balie consolano i due gemelli, si appartano. “È evidente,” dice il re alla sua sposa, “che per cause misteriose essi hanno condiviso qualcosa di più del tuo grembo materno. Temo, ora, che, come la vita dell’uno sia la vita dell’altro, la morte dell’uno sia la morte dell’altro, ma non posso accertarmene come ho fatto ora aprendo una ferita superficiale.” La regina annuisce. “Nessuno,” conclude, “dovrà essere a conoscenza di questo, all’infuori di noi e dei nostri figli, che sapranno la verità quando saranno più grandi. Essi sarebbero troppo esposti al pericolo.” Si scambiano uno sguardo d’intesa. Il re apre la porta della stanza e dà ordine alle guardie di recidere la lingua delle balie, affinché le due donne, mute e illetterate, non possano mai rivelare a nessuno il segreto degli Oscuri Gemelli.


***

Aldebaran e Fomalhaut, ormai adolescenti, si ritrovano, casualmente, in uno dei solitari corridoi del castello. Quella mattina, sotto la guida del Gran Maestro dei Maghi, Aldebaran era chino su un testo di geomanzia quando un dolore improvviso lo ha colto alla mano sinistra e, nel tentativo di celare la ferita, egli ha infilato la mano nel’abbottonatura del farsetto; poi, con una smorfia, ha licenziato il precettore accusando una fitta allo stomaco e adducendo a pretesto che la lezione è quasi terminata. Rimasto solo, ha estratto la mano ed esaminato la ferita sanguinante, con la fronte aggrottata. Infine s’è alzato e recato alla finestra; da là, ha visto, nella corte del castello, Fomalhaut, il quale, cadendo malamente

Prelude (1908) di
Mikalojus Konstantinas Ciurlionis

da un attrezzo ginnico, si è contuso proprio la mano sinistra ed ora gliela stanno bendando per fermare il sangue, mentre egli insulta i suoi soccorritori con male parole e dando in imprecazioni. Aldebaran l’ha guardato coi suoi occhi felini e imperscrutabili, ha spostato lo sguardo sulla propria mano, quindi è andato a medicarsela.

Ora, i due gemelli, in piedi, faccia a faccia, si squadrano cupi, con la rispettiva mano sinistra ferita e medicata. Poi, senza proferire parola né emettere un grido, si scagliano l’uno contro l’altro, s’abbrancano per le vesti, si gettano a terra e, rotoloni sul pavimento, iniziano a picchiarsi selvaggiamente. Ma è tutto inutile, perché quando Fomalhaut dà pugno al fratello, questo gli ritorna indietro, invisibile, con la stessa forza con cui l’ha sferrato, e quando Aldebaran morde la mano al gemello, il medesimo morso si apre nella sua stessa mano, e lascia il segno di denti che si stanno accanendo altrove. 


A lungo si percuotono, finché alcuni servi, richiamati dal rumore, non accorrono a dividerli, ed essi, di botto, si fermano, esausti, pesti, impotenti ed ansimanti. S’allontanano per raggiungere le loro stanze e medicarsi le nuove ferite. Si giurano eterno odio e non sanno che la storia della loro inimicizia è appena iniziata.