La scrittrice Marguerite Yourcenar nel suo discorso di
elezione all’Académie Française del 22 gennaio 1981 – prima donna ad esservi
ammessa – ricordava come, in quel momento, il suo io incerto e fluttuante della
cui consistenza dubitava lei per prima, fosse circondato, accompagnato “da un esercito invisibile di donne che
avrebbero dovuto, forse, ricevere al mio posto questa onorificenza, al punto
che sono tentata di cancellare me stessa per lasciar passare avanti le loro
ombre
.” Le parole generose e commosse di questa grande scrittrice nel
rendere onore ai miliardi di donne che, nei secoli, sono trasmigrate su questa terra vivendo nell’ombra delle loro famiglie d’origine e di quella acquisita, sotto il peso della fatica e spesso dell’umiliazione, mi sono tornate
alla memoria nell’accingermi a recensire il bel romanzo intimo di Rosaria
Iodice, La donna lumaca.
La copertina del romanzo,
edito da Lupo editore
Innanzitutto, il titolo: perché la lumaca? Che cosa ci fa
venire in mente questo curioso animale? La lumaca
non è solo l’emblema della lentezza e, a suo modo, della perseveranza, ma anche
della ricerca di protezione in un guscio, un’abitazione, una corazza. Si sposta
reggendo sulle spalle la casa in cui si annida, ritraendosi al minimo tocco,
alla più piccola minaccia. Il guscio costituisce però anche una maschera con
cui ci si presenta al mondo e si nasconde la vera identità, composta da
aspirazioni, desideri inconfessabili, impulsi che vanno magari controcorrente
rispetto alla morale del tempo. “La casa non è molto accogliente, ma è sempre
meglio che dormire all’addiaccio
,” è la prima frase che pronuncia la
protagonista, e ha a che fare, guarda caso, con il luogo che la sta
ospitando. Si tratta di Angela, una clochard ricoverata in un ospizio, e che ha
fornito un nome falso per non essere rintracciata: ancora una volta, è
sottolineata la voluta cancellazione del nome, di conseguenza del volto, in una
sorta di suicidio sociale.
Attraverso il racconto della sua esistenza e, insieme, di
un periodo storico che parte dal 1937, sfocia nella Guerra Mondiale e arriva fino ai giorni
nostri, impareremo a conoscere questa donna, insieme comune e particolare, racchiusa
in un guscio così forte che ha finito con l’imprigionarla in una vita di
supino asservimento al gradimento e alle aspettative altrui, esattamente come
le donne menzionate da Yourcenar. Dapprima, il tentativo di compiacere la
famiglia, e un fidanzato che si rivelerà un farabutto della peggior specie. Poi,
il fuoco di fiamma dell’appartenenza ad un collettivo di femministe, che non
riuscirà però a intaccare del tutto il guscio e a frantumarlo
davvero per liberarla. Quindi, l’incontro con l’amore più forte e grande della
sua vita, ma – ahimè – contrario ai dettami della morale e della religione, cui
Angela ancora una 
Donna seduta con bambino (Maternità)
di Amedeo Modigliani (1919)

volta rinuncia. Sopra e attorno ai personaggi del libro,
molti delle quali sono vittime (compresi gli uomini), campeggia un dio Moloch
che racchiude i suoi devoti in una gabbia rigidissima: la società dell’epoca,
quella dei giorni nostri, che va spesso a braccetto con una religione intesa
come dogma e costrizione; e le conseguenti, fortissime gabbie mentali che noi per primi,
specie in occidente, costruiamo.

Il peggior censore della protagonista è, infatti, la
protagonista stessa, che spesso anticipa le aspettative del prossimo e vi si
conforma per il quieto vivere. Tutti noi lo abbiamo sperimentato, quando la
nostra debolezza o la nostra pigrizia ci hanno fatto preferire un “sì”, il
compimento del nostro “dovere” o un silenzio acquiescente ad una ribellione motivata. Non stupiamoci troppo del tipo di esistenza condotta da Angela,
perché è molto simile a quella di tante nostre nonne, zie e mamme, del tutto
uguale a quella di altre donne poverissime dei giorni nostri, picchiate e umiliate in altri angoli della terra. Ma il dio sociale e
religioso è insaziabile: pretende sempre nuove vittime e nuovi sacrifici, e
Angela lo imparerà a sue spese nel corso di un’intera esistenza, fino a mettere
a repentaglio il bene più prezioso che ha. Sarà troppo tardi, per lei, per uscire
dal suo guscio e cominciare a vivere veramente per se stessa, e dar retta alla
sua voce interiore? 
Rosaria Iodice usa la prima
persona per una migliore identificazione del lettore con la protagonista, in
modo che il suo senso di alienazione diventi anche il nostro; ma non solo, in modo da farci sentire Angela come una sorella. Il suo stile
narrativo è pulito e scorrevole, il romanzo si legge d’un fiato come bere un
bicchier d’acqua rigenerante nonostante l’indubbia tristezza della storia. Non fatevi ingannare però dall’apparente
semplicità della sua prosa. Molto spesso la semplicità nasconde profondità, e
questo direi che è il caso dell’autrice de La
donna lumaca.

Rosaria Iodice, 47 anni, napoletana, vive a Bari dal 2000. Il romanzo è stato presentato in Villa Ghirlanda a Cinisello Balsamo a cura della Libreria Gulliver, nello scorso mese di novembre 2013, in occasione del convegno “Donna, moglie, madre, e poi? Non rinunciamo all’amore.” 
Il link della casa editrice al romanzo è il seguente:

http://www.lupoeditore.it/lupo/catalogo/pgxso-product-details/prx-183.html