Fin dai tempi di Virginia Woolf e di “Una stanza tutta per sé“, si disquisisce se esista una scrittura riconoscibile come femminile e una scrittura identificabile come maschile, indipendentemente dai temi trattati. La questione è stata sollevata in tempi recenti, anche perché, come si sa, a livello letterario le donne hanno avuto una voce autonoma e indipendente solo da pochissimo. È esemplificativo il caso delle sorelle Brontë, che preferirono ricorrere ad uno pseudonimo maschile per pubblicare i loro romanzi. Il rischio nel riflettere sulla questione è cadere nello stereotipo suddividendo il tipo di scrittura nei due generi, e quindi asserendo che la scrittura al femminile predilige il mondo delle emozioni, dell’introspezione, dei sentimenti, delle sfumature, mentre quella maschile si volge più alla razionalità e al pragmatismo, come a dire che si tratterebbe di una scrittura più d’azione.

Davide e Betsabea di Marc Chagall,
Belarus.

Ora, io ho una mia teoria, opinabile come tutte le teorie, e che ha a che fare non tanto con il sesso dell’autore o dell’autrice, quanto con qualcosa di più profondo e spirituale. Il grande analista Carl Gustav Jung sosteneva che in ogni uomo c’è una componente femminile inconscia, così come in ogni donna c’è una componente inconscia maschile, e definiva la prima Anima, il secondo Animus. Sosteneva inoltre che l’Anima è il principio dell’eros, mentre l’Animus attiene più al logo e alla razionalità. Piuttosto che di inconscio, io parlerei di spirito incarnato. In ogni spirito, uno e indivisibile, fin dalle origini c’è una componente di maschile e di femminile in dosi maggiori o minori, e la vera sfida è quella di equilibrare queste componenti in modo che si amalgamino armoniosamente tra loro, e che nessuno dei due abbia sempre il sopravvento sull’altro. Una sorta di opera alchemica che dura tutta la vita.

Tutto questo, a mio parere, si può riflettere sulla scrittura, cioè sul modo con cui ogni autore o autrice esprime il suo sguardo sul mondo, e di conseguenza sullo stile. Non è tanto, a mio parere, una differenza sulle tematiche trattate, perché anche una donna può scrivere di battaglie e stragi, e un uomo descrivere l’esperienza del parto (Tolstoj scrisse una pagina stupefacente, su questo), ed essere ambedue credibili. Forse la scrittura più equilibrata viene raggiunta quando non si capisce, di primo acchito, chi sia a scrivere, se non una persona di grande profondità.

Visto che vi è piaciuto molto il quiz sullo stile, vi proporrò qui di seguito quattro brevi passaggi letterari inerenti riflessioni e concetti, e non vere e proprie scene, leggendo i quali dovrete provare a capire se si tratti di uomini o di donne. Questa volta, però, saranno privi di dettagli che vi permetterebbero di identificarli (come ho fatto con “la signorina de la Mole” e Stendhal!), in modo che la sfida possa essere più stimolante. Gli unici indizi che posso fornirvi è che si tratta di autori celebri, grandi per sensibilità, ognuno di nazionalità diversa; e che sono due uomini e due donne. Non dovrete indovinarne il nome, altrimenti sareste enciclopedici (e mi fareste pure un po’ paura), solamente il sesso.

Pronti con IL QUIZ? Ecco:

“Proprio in quel momentaneo volo tra la visione e la tela, era assalita dai demoni che spesso la riducevano al punto di piangere e rendevano il passaggio dalla concezione al lavoro spaventoso come la tenebra per un bambino. Spesso si sentiva così costretta a lottare contro terribili ineguaglianze, per non perdere coraggio; per dire: ‘Ma questo è ciò che vedo, che vedo’ e così stringere al seno qualche misero avanzo della sua visione, che mille forze tentavano in ogni modo di strapparle.”

“D’altra parte, tutti i vostri pensieri, tutti i semi gettati nell’anima altrui, pensieri e semi che potrete aver persino dimenticati, s’incarneranno e cresceranno; colui che li ricevette da voi li trasfonderà in un altro. E come potete sapere quale parte avrete nella futura soluzione dei destini umani?”

“… mi colpirebbero di più se non mi venisse fatto di chiedere a me stesso in che cosa la sofferenza dell’erba falciata differisca essenzialmente da quella di un montone sgozzato, e se l’orrore che proviamo nel vedere trucidare un animale non dipenda soprattutto dal fatto che la nostra sensibilità appartiene al medesimo regno.”

“Tuttavia, per quanto mi sforzassi di dimenticare, dentro di me restava qualcosa, una specie di grumo d’aria non meglio precisato. Poi, col passare del tempo, quel qualcosa cominciò a prendere una forma più chiara e definita. Così chiara che posso anche tradurla in parole. Le seguenti: La Morte non è l’Opposto della Vita, Ma una Sua Parte Integrante. Tradotto in parole suona piuttosto banale, ma allora non era così che lo percepivo, ma come un grumo d’aria presente dentro di me. La morte era parte di quel fermacarte, parte indissolubile delle quattro palline bianche e rosse allineate sul tavolo di biliardo. E sentivo che noi vivevamo inspirandola nei polmoni come una finissima polvere.”

Aspetto le vostre ipotesi e, naturalmente, la risposta al quiz avverrà con il post successivo dedicato alla scrittura, dove fornirò sia il nome dell’autore che il titolo dell’opera. Buone elucubrazioni!

… ah… e non barate facendo copia e incolla e provando con i motori di ricerca! A presto.