Scrivere ha spesso un valore terapeutico, come già ebbi modo
di sottolineare in uno dei miei post. Per questo, le esperienze devono essere riversate
sulla carta per mano di chi le ha vissute, e non per interposta persona, al di là del valore dei risultati letterari. Nel caso di Claudia Cangemi, la sua raccolta “Di sole e d’ombra” appartiene a quel
genere di sillogi che possono essere considerate come il viaggio geografico più
difficile in assoluto, specie da parte di una persona schiva e riservata:
quello all’interno di sé e delle proprie emozioni, e il conseguente
riversamento sulla carta di ciò che si prova e sperimenta. E, non da ultimo, il fatto che altri leggeranno e, forse, giudicheranno quello che abbiamo pubblicato; o, peggio, tratteranno i nostri scritti con indifferenza e derisione.
La copertina della raccolta,
a cura di Davide Zedda editore

La rottura di schemi consolidati originata dal trauma
della separazione, la pietra ardente del dolore che brucia in fondo all’anima,
la granulosità e la ruvidezza di un percorso di rinascita trovano in Claudia una voce matura,
specialmente in componimenti come “Sogni strappati”: Brandelli / di sogni strappati / svolazzano / nell’aria grigia. / Il
tempo / li sfiora / indifferente / e passa oltre.
Dopo la perdita degli schemi e della vita ordinata, ecco apparire anche l’angoscia per lo smarrimento
di una meta, vera o fittizia che fosse. In “Senza destinazione”, l’autrice racconta: Mi spaventa / fino al midollo /
l’idea di una corsa / senza stazioni / né arrivo.
Per la maggior parte si tratta
di poesie brevissime, come tenui respiri o immagini labili, che intendono trasmetterci la vaporosità di una vita dispersa dal trauma. Una vita che,
a dispetto dei nostri schemi precostituiti e dei nostri sforzi per irreggimentarla, è in continuo mutamento; e ci sfida e ci spiazza sempre. Nelle poesie di questa autrice non c’è dunque rima, solo momenti effusi, che sembrano svanire come soffice nuvola o acqua tra le dita.
“Lovers in pink” di Marc Chagall
(1916) – Collezione privata
Ad un certo punto, tuttavia, incomincia il processo di lenta guarigione, emergente in poesie
come: “Sera di maggio”: Frange di nubi /
nell’immenso blu / m’inzuccherano / il cuore / di possibilità.
Giunge la consapevolezza che la vita non è
finita: la cicatrice rimane ma si è rimarginata, si è chiusa una porta e altre se ne sono aperte, il processo
di rinnovamento continua senza sosta. Non ci sono quindi esami, in questo scorrere dell’esistenza o, meglio, gli esami sono continui, e si tengono momento dopo momento, scelta dopo scelta, atteggiamento dopo atteggiamento. Una ricchezza senza fine scorre attorno e attraverso di noi, basta saperla cogliere. Claudia sembra averlo
compreso, e lo esprime benissimo con questa poesia, non a caso posta quasi in chiusura della raccolta, “Vagabonda”: Non
ho casa / nei sogni / La mia anima / disseminata / 
ama perdersi / nei vicoli / Non ho più bisogno / di stanze sicure / Non ho più fretta / di arrivare / La meta è il viaggio / La vita è il senso. 

Auguri all’autrice, dunque, e auguri a tutte le persone ferite che attendono la guarigione: che la scrittura possa essere per loro veicolo e medicina.

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La raccolta “Di sole e d’ombra” è stata presentata presso il
Bar Zen a cura della Libreria Gulliver di Cinisello Balsamo. 
Il post nel mio blog su “La scrittura come terapia” è il seguente:
 http://ilmanoscrittodelcavaliere.blogspot.it/search/label/scrittura%20come%20terapia