Se dico “Riflessi in un occhio d’oro”, ai cultori dei vecchi film hollywoodiani verrà senz’altro in mente il film diretto da John Huston con Elizabeth Taylor e Marlon Brando, ambientato in un campo militare dove lei, la moglie di un capitano, ama un altro, il capitano ama un soldato, e il soldato ama la donna. Questo per situare Carson McCullers (1917-1967), autrice de “La ballata del caffè triste”, poiché la dinamica della storia ripete, di nuovo, un triangolo dove nessuno dei personaggi esprime compiutamente il proprio amore, e viene ricambiato.
Questo romanzo breve è ambientato in un paesino del profondo Sud, e ha come protagonista una donna, Miss Amelia, che gestisce una distilleria e una rivendita di generi alimentari dei più disparati. Si tratta di una donna mascolina e per niente aggraziata; attorno a lei, nondimeno, sembrano ruotare le sorti dell’intero paese. È, come si dice, “una celebrità”. La sua vita cambia con l’arrivo imprevisto di un cugino, Lymon, un nano gobbo che pur possiede una sua aura irresistibile, e che la convince a trasformare la bottega in un caffè. E qui accade il primo miracolo: il caffè diventa un punto di ritrovo importante, dove tutti si comportano bene. Perché, come scrive l’autrice, “l’atmosfera di un vero caffè implica appunto questo: compagnia, soddisfazioni del ventre e una certa gaiezza e misura nel contegno.” Il terzo vertice del triangolo nel romanzo è l’ex marito di Amelia, che ritorna al paese dopo un periodo passato al penitenziario. La ricomposizione del triangolo ripete dunque lo schema consolidato, e fornisce l’innesco ad una serie di conflitti drammatici. Sotto il cielo del Sud che sembra partecipare alle vicende dei protagonisti, con i suoi colori – ora dorati, ora sanguigni, ora d’un verde velenoso – e nell’aria densa di odori tropicali e marcescenti, si consuma il dramma di Miss Amelia, e la narrazione della vicenda dotata di un finale del tutto inaspettato.
“Cape Cod Morning” di Edward Hopper (1950) Smithsonian American Art Museum http://americanart.si.edu/ |
Il volume è completato da una serie di racconti (“Wunderkind” – “Il fantino” – “Madame Zilensky e il re di Finlandia” – “Il forestiero” – “Dilemma domestico” – “Un albero. Una pietra. Una nuvola.”) tra cui segnalo per particolare intensità gli ultimi due. Appartengono alla tipologia di racconti per i quali viene spontaneo esclamare: “Mi piacerebbe averli scritti io.”