One man band. Autore: Knox of Athol, MA,
circa 1865 – fonte: acorn-net, NH –
http://en.wikipedia.org/wiki/One-man_band

Ho quasi preparato un post sullo stile. Nel frattempo ho preso gusto all’argomento delle parole endemiche, e quindi ve ne segnalo altre che ci farebbero riconoscere come “scrittori alle prime armi”. Siccome siamo appunto personcine di stile, faremo il diavolo a quattro onde evitarle. Vi propino quindi altre tre perle di saggezza, selezionate con cura.

Il gerundio tuttofare
Vi è mai capitato di leggere il passaggio di un testo in cui il personaggio fa più cose in contemporanea, cioè diventa multi-tasking come si usa dire oggi? A me sì, e l’ho subito immaginato come uno “one man band”: quei suonatori di strada che suonano la grancassa, la tromba o la fisarmonica e la chitarra, grazie ad un sistema di cinghie assicurate alle spalle e alle braccia. L’effetto è dovuto all’uso di un tempo verbale – il gerundio – che ha un grado di dinamicità intrinseco e turbinante, specie se usato a ripetizione.

Cerco di creare un esempio per farmi capire meglio: “Il messaggero arrivò barcollando davanti al trono, guardando il re e fissando i cortigiani tutt’attorno, facendo tre passi avanti e uno indietro come ballando e cavando dalla tasca del giubbetto il messaggio lo consegnò al re, vociando l’urgenza e procurando di esibirsi in un inchino, cadendo sfinito sui gradini.” A questo punto è il lettore che crolla esanime davanti a tanta furia linguistica; e quello che è peggio chiude il libro con un tonfo sonoro, per non riaprirlo mai più, cosa che vogliamo impedire.

Gli, le, loro: una simpatica famiglia di coniglietti
‘Gli’, ‘le’, ‘loro’ appartengono al gruppo dei pronomi, insieme a ‘mi’, ‘ti’, ‘ci’ ecc. ‘Gli’ dovrebbe essere usato nel senso di ‘a lui’ (complemento di termine), quindi si riferisce ad una singola persona di genere maschile cui vogliamo dare qualcosa, ‘le’ naturalmente al femminile e ‘(a) loro’ è il plurale per i due sessi.

Conigli che mangiano carote

Da tempo c’è una diatriba linguistica su ‘loro’: molti scrittori usano infatti ‘gli’ nel senso di ‘a loro’, cosa aborrita dai puristi. Si dovrebbe dire: “La maestra diede loro il compito per l’indomani” riferito agli scolari, e non “La maestra gli diede il compito per l’indomani”. A me non piace usare quest’ultima forma, però non mi straccerei nemmeno le vesti in preda all’indignazione se la vedessi usata altrove. L’importante è essere coerenti durante tutta la nostra narrazione. Quello che invece mi fa raggricciare le budella è l’uso disinvolto del ‘gli’ e del ‘le’ con conseguente, repentino cambio di sesso. Li ho definiti una famiglia di coniglietti, in quanto è noto che questi graziosi roditori si riproducono a grande velocità e in numero copioso.

Facciamo il solito esempio, e in questo caso le frasi tra parentesi esprimono il pensiero del lettore, via via più attonito: “Alfredo prese Giorgina tra le braccia in un impeto di passione virile. Le dichiarò il suo amore con parole infiammate e le disse che mai si sarebbero lasciati. Lei si abbandonò, felice: il suo sogno stava per essere finalmente coronato. Alfredo le si avvicinò e… dolcemente, gli stampò un bacio sulle labbra.” (Perbacco! Che succede? Giorgina è diventato un Giorgino? Oppure nella coppia si è intromesso un terzo personaggio di sesso maschile!) “Giorgina lo fissò, in estasi (Ah, ecco, era sempre Giorgina… Si sarà trattato di un errore di stampa o di una svista, nulla di male…) e a quel punto prese ad accarezzarle i capelli. (Eh, no, qui Alfredo è diventato un’Alfreda! Oppure c’è un quarto personaggio femminile comparso dal nulla. … Mmm… Non è che per caso Giorgina sta accarezzando i capelli a se stessa? Oppure manca il soggetto ed è Alfredo che accarezza i capelli di lei) Alfredo sorrise e gli disse che presto si sarebbero sposati. (Di nuovo quest’uomo misterioso tra le braccia di Alfredo, che lo vuole persino sposare. Ma non sa che in Italia non esiste una legislazione decente? Oppure è sempre Giorgina che ha cambiato sesso. Conclusione: non ci capisco più niente e comunque questo scrittore non sa scrivere.).

Nulla di più probabile che il lettore decida di lasciare Alfredo/Alfreda e Giorgina/Giorgino al loro infelice destino linguistico e amoroso, e passare il tempo in maniera più piacevole e soddisfacente.

Un, due, tre… stella!
Un errore tipico dello scrittore in erba è quello di enumerare con pignoleria il numero di occhi, di orecchie, di

L’Odissea – film del 1968, il ciclope Polifemo.
Per fortuna di Ulisse e compagni, 
aveva un occhio solo da trafiggere!


nasi e di membra nella descrizione di un personaggio, neanche fosse un libro di partita doppia o un capitolato d’appalto, e di fornire accurate misure delle stesse. Ora, a meno che non stiamo descrivendo un alieno venuto dallo spazio profondo, o un personaggio fantasy scaturito dalla nostra immaginazione, o un essere mitologico, è del tutto inutile specificare che il tizio aveva due occhi e una bocca, perché questo è tipico della specie umana. L’errore viene fatto soprattutto per quanto riguarda gli occhi, mentre è assai più raro trovarlo con riferimento ad altre parti del corpo.

Sarà inutile, comunque, scrivere frasi come questa – le frasi tra parentesi appartengono sempre al lettore: “La donna aveva due occhi (“C’era bisogno di specificarlo?”) piccoli, un naso (“Meno male!”) grande, una bocca (“Ohibò!”) media e due orecchie (“Insolito…”) così così. (“Niente sulla dentatura?”) Aveva inoltre 32 denti (“Ah, ecco, mi pareva!”) con tre carie (“Ora che lo so, mi sento meglio”). Era dotato di ben due braccia (“Sono sempre utili”), due gambe (“Così fanno pendant con le braccia”), due piedi attaccati alle gambe (“Mmm… si è dimenticato di enumerare le dita di mani e piedi… speriamo non lo dica dopo…”) e, in testa, 1.367 capelli lunghi ciascuno 31,7 cm.”

Ho esagerato, come sempre, per farvi capire il concetto. Oltre a produrre effetti di umorismo involontario, ricordiamoci che non siamo Dio, che ci conta anche i capelli sul capo. Lui conosce l’utilità di questa operazione, noi no; e non la conosce neppure il lettore!