Trovo che il self-publishing sia una bellissima novità di questi anni: è uno strumento democratico che permette a tutti di stringere tra le mani una copia stampata del proprio lavoro, con un aspetto grafico più che dignitoso, e di poter stampare anche poche copie da regalare agli amici e ai parenti. Ci sono anziani che scrivono le loro memorie per i nipoti, specialisti che pubblicano manuali altrimenti introvabili sul mercato, romanzieri in erba che amano mettere nero su bianco trame e personaggi. Il passo successivo di solito è quello di iscriversi ad una community letteraria per avere un parere esterno alla famiglia sulle opere pubblicate. In questi siti difatti c’è uno scambio più o meno vivace di commenti e recensioni sulle anteprime o sui volumi completi, siano essi romanzi, raccolte di poesie, saggi, manuali, album fotografici.

Dopo qualche anno di appartenenza ad alcune di queste communities, ho sentito l’esigenza di stendere un piccolo galateo, il che non significa comportarsi come gli esilaranti Alphonse e Gaston, di cui trovate sotto una vignetta, ma seguire alcune semplici regole che potrebbero giovare a tutti. Chi sono questi Alphonse e Gaston? vi sento già chiedere, perplessi. Li scopersi da bambina,quando mi fu regalata una raccolta di fumetti dal titolo I primi eroi. La loro prima storia infatti apparve il 22 settembre 1901 sul New York JournalAlphonse e Gaston erano i protagonisti dei cartoon americani di Frederick Burr Opper: una coppia di azzimati amici francesi perennemente impegnati in scambievoli gare di cortesia, persino nelle circostanze più assurde. In ognuna delle storie i due personaggi insistevano a che l’altro avesse la precedenza (in una, ad esempio, ambientata in Africa, avrebbero dovuto scalare velocemente una palma, perché inseguiti da un leone affamato, ma perdevano tempo con inchini e salamelecchi ai piedi dell’albero). Essi finivano invariabilmente per litigare e accusarsi del cattivo esito della loro avventura, mettendo alla luce i loro autentici, reciproci sentimenti di avversione.

Ritornando alle nostre communities letterarie dopo questa digressione sulle buone maniere di Alphonse e Gaston, ecco il mio piccolo galateo in sette punti, basato sull’osservazione dei meccanismi, consci o inconsci, che sembrano regolarle:

1. Non sollecitiamo continuamente commenti agli altri sul nostro lavoro. Piuttosto, dovremmo avere la cortesia di leggere noi per primi, di regalare un commento e poi chiederne uno a nostra volta. Pazienza se poi l’autore non ricambierà il favore, è un rischio che bisogna correre.
2. Non copiamo i nostri commenti dalla presentazione dell’autore. L’autore non ha nessun interesse a leggere stralci di ciò che ha già scritto di proprio pugno, comincerebbe ad emettere vapore dalle narici per la rabbia, e noi ci faremmo una brutta figura. Similmente, non copiamo i commenti degli altri solo per aumentare la nostra visibilità. Alla lunga il pubblico delle communities se ne accorge e, come sopra, ci faremmo una brutta figura (sempre che siamo sensibili alla cosa, beninteso).

3. Non facciamo commenti generici, tipo “Complimenti, (seguito dal nome)” oppure scrivendo a tutti la stessa cosa oppure mettendo solo le stelline della votazione. Nel primo caso è un commento banale, nel secondo è chiarissimo che si tratta di un copia/incolla, nel terzo è altrettanto plateale che non ce ne potrebbe importar di meno; e noi aumenteremmo il nostro medagliere di brutte figure. Costa fatica leggere i lavori altrui, ma se non abbiamo tempo – e tutti noi ne abbiamo davvero poco – meglio mantenere un saggio silenzio stampa. Uno dei più bei proverbi di questo mondo del resto è: “Un bel tacer non fu mai scritto”.

4. Lo ribadisco, leggere i lavori altrui costa tempo e fatica, anche perché in molti di noi esiste sempre il pensiero recondito  “Io scrivo meglio di… anzi, sono un genio incompreso… per cui perché dovrei perdere il mio tempo in questo modo?” Se però ci cimentiamo nella lettura e nel commento, cerchiamo di leggere tutta o buona parte dell’anteprima proposta per farci un’idea più completa.

5. So che la fretta gioca brutti scherzi, ma cerchiamo di essere precisi con i riferimenti interni all’opera, ad esempio non confondiamo il nome di un personaggio con un altro. L’autore-scrittore è un animale permaloso, e come un istrice fa presto a rizzare i suoi aculei e ad emettere sibili di irritazione davanti agli sbagli più plateali. Chiediamo scusa se questo avviene, e nella maggior parte dei casi saremo subito perdonati.

6. Se quello che abbiamo letto non ci è piaciuto, non scriviamo recensioni positive tanto per far contento l’autore. Piuttosto, prendiamo contatto con lui e chiediamo se gli interessa avere la nostra modesta e sindacabilissima opinione. Se accetta, spieghiamogli in modo circostanziato non solo quali sono i punti che non funzionano, ma anche le nostre proposte per migliorarli. L’autore potrà o meno essere d’accordo con noi, e magari mandarci anche a stendere (stile Alphonse e Gaston alla fine delle loro storie), ma se non altro non avremo peccato d’insincerità. 

7. Nello stesso modo, però, non scriviamo commenti derisori o sprezzanti sui lavori degli altri, per quanto poco ci siano piaciuti. Scrivere costa fatica a tutti, e a volte un testo sgrammaticato o mal scritto può avere maggior valore per l’autore che una scrittura impeccabile e di grande erudizione. In fondo, che cosa sappiamo noi del vissuto di chi scrive o della sua preparazione culturale, e chi siamo per ergerci a giudici letterari? Un po’ di umiltà non fa male a nessuno.
In conclusione, vale più una nota critica ma costruttiva che può aiutare noi e gli altri a crescere come scrittori – e, perché no? anche come essere umani – che un elogio fasullo. Se poi lo scopo è quello di acquisire stelline e commenti per aumentare la propria visibilità con qualsiasi mezzo, allora mi taccio.

Però mi piacerebbe davvero sapere che cosa ne pensate!