Un fantasma si aggira per i corridoi delle case editrici: l’editor. Vorrei inserire questo post un po’ anomalo nel filone delle tecniche di scrittura per spiegare la funzione dell’editor a chi abbia qualche curiosità in proposito. Parlo infatti con cognizione di causa, essendo la mia professione da molti anni, per quanto applicata in un campo ristretto come quello dell’editoria scolastica per i corsi di lingue; ruolo che, negli ultimi anni, ho esteso volentieri anche ai manoscritti di narrativa di amici e conoscenti, essendo medesimi i criteri guida!

Bruto e il fantasma di Cesare
incisione di Edward Scriven, da un dipinto di Richard Weston
(1802). L’autore riceve la visita dell’editor,
che gli indica i punti deboli della sua opera.

Per i non addetti ai lavori, ma anche per gli scrittori alle prime armi, l’editor o redattore è infatti una figura misteriosa che non si sa bene come classificare e che incute anche un senso di inquietudine. Non è l’editore propriamente detto, cioè colui che investe denaro e risorse su un prodotto letterario in termini commerciali. Non è nemmeno il classico correttore di bozze, la cui funzione è quella di fare il riscontro degli errori e delle disuniformità in termini stilistici, sebbene parte del lavoro di un editor comprenda spesso anche questo aspetto.

Innanzitutto l’editor è un lettore dei vostri scritti e, cosa importantissima, non è condizionato a priori da un senso di simpatia e parzialità nei vostri confronti, come potrebbe fare un amico o un parente, pronto a passar sopra anche a svarioni grammaticali pur di elogiarvi e vedere il sorriso spuntare sulle vostre labbra. Ha dunque la necessaria lucidità di giudizio per affrontare la lettura dell’opera nel migliore dei modi, e proporre interventi correttivi al testo. Lo farà in maniera più o meno diplomatica a seconda del suo stile e carattere, ma siate pur sicuri che sarà impietoso nei vostri riguardi e non vi lesinerà nulla.

In secondo luogo l’editor è una sorta di ragioniere della pagina, colui o colei che segnala i punti dove la contabilità letteraria non torna. Che cosa voglio dire con questo? Intendo dire che l’editor indica dove la pagina zoppica per i più svariati motivi: ad esempio, dove lo scrittore si ripete inserendo una scena simile o un concetto già espresso, dove “tira via” con la scrittura quando dovrebbe sostare di più e approfondire, dove dovrebbe tagliare brutalmente una scena di cui magari è molto fiero, e dove invece dovrebbe arricchire e chiarire. Può segnalare anche scene assurde che non hanno nessun senso né psicologico né scientifico né tecnico. L’editor che si rispetti rivolta il manoscritto come un calzino, e può proporre anche degli spostamenti di carattere temporale nella sequenza del romanzo, per accrescere il senso di suspence e imprimere un ritmo più brillante alla narrazione. Propone persino i punti dove usare la prima persona anziché la terza, o dove sia meglio inserire un dialogo anziché una descrizione. Segnala, inoltre, tutte le incongruenze che affiorano nel testo: se il personaggio di Giorgio a pag. 5 ha i capelli biondi, perché mai a pag. 15 ha i capelli neri pur non avendo fatto nessuna tinta dal parrucchiere? Perché Maria a pag. 20 ha comprato uno yorkshire, che più avanti si trasforma in un alano? Ho fatto degli esempi banalissimi, ma vi assicuro che accade più spesso di quanto non si creda.

Arazzo di Bayeux, i Normanni conquistano l’Inghilterra (1077) –
Odo, arcivescovo di Canterbury, a cavallo… 

La scena potrebbe rappresentare l’editor e l’autore che si affrontano in singolar tenzone. 

Tra le altre cose, è anche una sorta di psicanalista della pagina, e come tale lo diventa anche per lo scrittore, con tutto quello di doloroso e faticoso che una seduta comporta. Lo scrittore che non ha dimestichezza con questi processi si sente sotto attacco e comincia ad opporre una strenua resistenza di fronte al minimo cambiamento, come se ne andasse della vita o della propria integrità. Spostare una scena equivale ad una dichiarazione di guerra. Scriverne un’altra corrisponde ad un inutile spreco di energie. Rimetter mano ad un testo è pari ad un’offesa che va lavata con il sangue. Molti autori non capiscono che non li si sta criticando come persone, ma si sta passando al setaccio i loro scritti e sempre in senso costruttivo. Si tratta di una reazione umana e comprensibile, che la maggior parte degli autori non riesce a superare. Se però si arriva a passare questo guado, la collaborazione che si va ad instaurare porta a grandi soddisfazioni ed arricchimenti per entrambi, e naturalmente ne trarrà il massimo beneficio anche la pagina scritta.

Infine, penso che, trascorsa questa fase traumatica, l’editor potrebbe diventare un complice, o addirittura un amico. Siccome anch’io ho attraversato le fasi lettura-ragioneria-psicanalisi, essendomi sottoposta a mia volta come autrice al vaglio di editor, lo confermo con la massima enfasi. E, come nell’ultima scena del film “Casablanca” con Humphrey Bogart, potremo anche noi (gli autori) osservare l’aereo (l’opera letteraria) che ha preso felicemente quota nella nebbia con un bel pieno di carburante. E, rivolgendoci al capitano Louis Renault (il nostro editor) e allontandoci con lui fianco a fianco, potremo anche noi dire: “Louis, penso che questo sia l’inizio di una bella amicizia.

Buon lavoro a tutti, quindi, editor e autori!

La celebre scena di Casablanca: alla fine, l’editor e l’autore
scoprono di avere molte più cose in comune
di quanto non sembri!