Vi
presento qui alcuni famosi incipit, ma ce ne sono un’infinità di altri
ugualmente degni di attenzione, a seconda anche del genere. Questi scrittori
hanno stili diversissimi tra loro e perciò è tanto più interessante riflettere
sul loro modo di scrivere.
La
Signora Dalloway disse che i fiori li avrebbe comperati lei.Quanto
a Lucy aveva già il suo daffare. Si dovevano togliere le porte dai cardini; gli
uomini di Rumpelmayer sarebbero arrivati tra poco. E poi, pensò Clarissa
Dalloway, che mattina – fresca come fosse stata coniata nuova di zecca per dei
bambini su una spiaggia.
Virginia Woolf – La Signora Dalloway
Spring (Vanessa Bell, pittrice e sorella di Virginia Woolf) |
La prosa di Virginia Woolf è precisa e secca, perché vuole esprimere la mente di una donna affaccendata e in preda a mille incombenze. Sta preparando una festa, e già la parola “fiori” dà l’idea di qualcosa di straordinario nella vita di una donna ordinaria. Ed elenca mentalmente tutta una serie di persone coinvolte, in una frenesia nella quale potremmo rispecchiarci.
Molti anni dopo, di
fronte al plotone di esecuzione, il colonnello Aureliano Buendia si sarebbe
ricordato di quel remoto pomeriggio in cui suo padre l’aveva condotto a conoscere il
ghiaccio.
Gabriel Garcia Marquez, Cent’anni di solitudine
Le fucilazioni del 3 maggio – Francisco Goya (Museo del Prado, Madrid) |
Si tratta del tipico inizio che coincide con la fine, ed è uno dei più belli, a mio avviso, nella storia di tutta la letteratura mondiale. In due righe inserisce molti elementi interessanti: a) il dato temporale ,“molti anni dopo”; b) la morte del personaggio, “il plotone di esecuzione”; c) il grado del personaggio, un militare; d) un flash della sua infanzia; e) un dato naturale e apparentemente estraneo alla situazione, il ghiaccio. Si potrebbe dire che sia controproducente per la suspence dire subito che fine farà il personaggio, eppure è proprio qui che risiede la maestria dello scrittore. Inoltre, il lettore potrebbe supporre che il personaggio si trova sì davanti ad un plotone di esecuzione, ma non è detto che avvenga. Quindi non resta che leggere.
A
lungo, mi sono coricato di buonora. Qualche
volta, appena spenta la candela, gli occhi mi si chiudevano così in fretta che
non avevo il tempo di dire a me stesso: “Mi addormento.” E, mezz’ora
più tardi, il pensiero che era tempo di cercar sonno mi svegliava; volevo
posare il libro che credevo di avere ancora fra le mani, e soffiare sul lume;
mentre dormivo non avevo smesso di riflettere sulle cose che poco prima stavo
leggendo, ma le riflessioni avevano preso una piega un po’ particolare; mi
sembrava d’essere io stesso quello di cui il libro si occupava: una chiesa, un
quartetto, la rivalità di Francesco I e Carlo V.
Marcel Proust, Alla ricerca
del tempo perduto
RItratto di Marcel Proust (1871-1922) di Jacques-Emile Blanche (1861-1942) |
Questa è la prosa cantante, dai lunghi periodi articolati e complessi, di Marcel Proust. Molte persone di mia conoscenza hanno tentato di leggerlo (senza riuscirci!), dato che la sua opera principale, la Recherche, non ha quasi trama nel senso classico dell’azione. Eppure questo incipit contiene tutta l’essenza del racconto: l’andare a dormire, il sonno, il risveglio, la lettura, le riflessioni. È un mondo tremolante e indistinto, fatto di sensazioni, proprio come se fosse visto alla luce di una candela, di notte. Un mondo essenzialmente mentale.
In conclusione: che cos’hanno in comune questi incipit dagli
stili così differenti tra loro? Intanto sono dei micro racconti, potrebbero già
essere chiusi così come sono. Poi racchiudono il nucleo del romanzo, come fosse
il cuore, anticipato però all’inizio. E il lettore non se ne rende conto immediatamente,
ma ne è già irretito.
Interessantissimo questo studio sull'incipit. E ancor più piacevole dato che mi ha stuzzicato il desiderio di tornare ad affrontare Proust, abbandonato molti, molti anni fa… Grazie!!
Proust appartiene al novero degli scrittori "bestie nere", nel senso della difficoltà di lettura. Non sei il primo a dirmi di averlo abbandonato. Per quanto mi riguarda, ho avuto la stessa esperienza con "Il castello" di Kafka, mentre sono riuscita a leggere "Il processo" al secondo tentativo. Non mi sono mai accostata, invece all'"Ulysses" di Joyce per una sorta di timore reverenziale!
Sull'Ulysses non posso che concordare, ahimè! Per quanto attiene a Kafka, a mio modo di sentire, lo percepisco come assolutamente geniale, con un'abilità singolare di trasportare il lettore nella sua atmosfera "straniante" e molto moderna. Ma "Il castello" è uno dei libri che ho apprezzato maggiormente, quindi sono di parte!!
In questi giorni ho ricevuto da un'amica una vecchia copia dell'Ulysses di Joyce. Siccome credo nei segni riproposti, lo interpreto come un nuovo invito a leggerlo, finalmente.
Avevi ragione, Cristina, trovo interessante il tuo blog.
Ho una specie di ossessione per gli incipit, quando apro un nuovo libro rifletto sempre a lungo sulle prime frasi, credo che abbiano un potere (oltre che un'importanza) molto grande nell'economia di uno scritto.
(Ispirato a questa idea del tutto contenuto in una sola frase ci ho scritto un intero post, qui: http://ilbandolodelmatassa.wordpress.com/2013/06/28/quandero-piccolo-minnamoravo-di-tutto-correvo-dietro-ai-cani-2/)
Continuerò a leggerti.
Buongiorno, Swann. Grazie mille per il tuo contributo, leggerò senz'altro il tuo post sull'incipit e ti lascerò un commento.
Le parti importantissime di un romanzo, a mio parere, sono l'inizio e la fine, molto spesso poco "lavorati" da parte degli scrittori. Se non riesci a catturare fin da subito l'attenzione del lettore, questi chiuderà il libro. Viceversa, se non offri un finale degno, deludi le attese di chi ti ha seguito fino in fondo, magari per parecchie pagine consecutive.
A presto.
Praticamente una scena importante del romanzo? Credo che scelga l'editore l'incipit?
Ciao Calypso, grazie del commento.
Non credo che sia l'editore a scegliere l'incipit. Potrebbero arrivare all'autore dei consigli tramite un buon editor (ammesso che ancora esistano in giro, nelle case editrici… secondo me gli editor stanno diventando una specie protetta), ma normalmente è l'autore che decide.